Stadio della Roma, chiusa inchiesta: “Parnasi e i suoi collaboratori pagavano per avere atti a favore”
"Parnasi e i suoi pagavano per avere atti a favore". È quanto emerso a conclusione delle indagini in merito ai presunti illeciti nella costruzione dello Stadio della Roma a Tor di Valle. L'imprenditore della società Eurnova e i suoi cinque stretti collaboratori Luca Caporilli, Giulio Mangosi, Nabor Zaffiri, Gianluca Talone e Simone Contasta hanno messo in piedi "un'associazione a delinquere allo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti contro la Pubblica Amministrazione al fine di ottenere provvedimenti amministrativi favorevoli alla realizzazione del nuovo stadio della Roma e legati ad altri progetti imprenditoriali riconducibili all'operatività del sodalizio". I magistrati di piazzale Clodio ritengono che Parnasi e i suoi collaboratori abbiano "avvicinato pubblici ufficiali" e "compiuto operazioni di intermediazione illecita" con la "promessa e/o dazione di denaro e di altre svariate utilità". Del gruppo associativo, Parnasi è ritenuto "capo e organizzatore", mentre agli altri è stato attribuito quello di "partecipi".
L'inchiesta sullo stadio della Roma
Nell'inchiesta condotta dalla procura di Roma sullo Stadio di Tor di Valle finirono coinvolti l'ex presidente di Acea Luca Lanzalone, che seguiva la trattativa sullo stadio per conto della giunta capitolina guidata da Virginia Raggi, l'ex vicepresidente del consiglio regionale del Lazio, Adriano Palozzi, Forza Italia, l'ex assessore regionale del Partito democratico Michele Civita. Tra i sedici indagati c'è anche l'ex capogruppo del Movimento 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara, e l'ex consigliere comunale di Forza Italia, Davide Bordoni. Luca Parnasi, imprenditore romano, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione è finito in carcere il 13 giugno scorso e furono arrestati anche cinque suoi stretti collaboratori, poi scarcerati nelle settimane successive. Poi, successivamente Parnasi è stato scarcerato ed è passato agli arresti domiciliari dal 20 luglio revocati successivamente dal gip Maria Paola Tomaselli, che ha accolto una istanza degli avvocati di Parnasi, Emilio Ricci e Giorgio Tamburrini e ha disposto per il costruttore romano in primo luogo l'obbligo di firma tre volte alla settimana e in secondo luogo l'obbligo di dimora nella Capitale.