Sonia Di Giuseppe ha trascorso metà della sua vita prigioniera delle violenze fisiche e psicologiche da parte di chi avrebbe dovuto amarla "nella buona e nella cattiva sorte". Luigi era una marito violento, per lui una moglie "doveva solo dire sì a qualsiasi sua richiesta, altrimenti erano botte". Ha addirittura tentato di farla prostituire ma senza mai riuscirci, senza contare che la costringeva a fare sesso all'aperto perché solo in un contesto del genere si eccitava. "Mi ha azzerato, umiliato e schiacciato la mia personalità con i suoi ordini e le sue regole. La sua violenza era principalmente psicologica, io non sapevo più chi ero – racconta mentre stringe il suo cane tra le braccia – mi ero convinta che quella fosse la vita vera. Una prigionia continua, per anni non sono mai uscita di casa senza il suo permesso".
Dopo anni di molestie e segregazione, Sonia decide di alzare la testa e dire di no. Inizia a denunciare il marito ma senza ottenere risultati e intanto avvia la pratica della separazione. Inizia così una vera e propria battaglia tra le mura domestiche. Luigi si sente minacciato, tradito da una moglie che era sempre stata docile e accondiscendente con lui. E invece ora Sonia non intende più assecondare gli ordini e le richieste del marito. Tanta era la paura di quell'uomo che Sonia inizia a dormire con un coltello sotto al cuscino. Il 6 ottobre 2013 Luigi, stanco dei suoi continui rifiuti, si avventa su di lei e tenta di violentarla. Il loro figlio, che come lei ha vissuto tutti questi anni costellati da violenze e terrore, riesce a togliere la madre dalle grinfie del padre che scappa via. Sonia chiama i carabinieri che finalmente arrestano l'uomo: "Sonia, te lo portiamo via prima che ti ammazza" le dissero. "Avevano ragione, non potrò mai dimenticarmi quello sguardo pieno di odio e rabbia. Se non ci fosse stato mio figlio mi avrebbe ucciso".
Ma il suo calvario ad oggi non è ancora finito. La pratica di separazione ancora non è conclusa e Sonia è costretta a rimanere nella loro casa per scelta del giudice. "Io non ce la faccio più ad aspettare la sentenza, voglio andare via di qui. Ogni angolo di questa casa mi ricorda una violenza". Intanto continua ad andare avanti la battaglia giudiziaria sulle violenze subite negli anni da Sonia. Il suo quasi ex marito è stato condannato in primo grado a 7 anni di reclusione per maltrattamenti in famiglia. Ma ad oggi è ancora libero e abita a soli 200 metri dalla casa di Sonia. "Devo aspettare 90 giorni per la pubblicazione della sentenza e altri 45 per dargli modo di ricorrere in Cassazione. Intanto lui è libero di girare dove vuole e io posso ritrovarmelo in ogni momento sotto casa".
Sul braccio sinistro Sonia porta un tatuaggio, la scritta "Libera di vivere". La voce trema mentre ci mostra il marchio che ha deciso di lasciare sulla sua pelle: "Guardando questo tatuaggio capisco che ce l'ho fatta, che sono libera e me lo sono tatuato perché ogni giorno, ogni giorno mi rendo conto che sono uscita dall'inferno".