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Soldi e partecipazioni societarie: così poliziotti e funzionari si facevano corrompere

Partecipazioni societarie intestate ai familiari, incassi a nero, utilità e bonifici. Così il pregiudicato legato alla camorra Carlo D’Aguano corrompeva i poliziotti del commissariato di San Basilio e Fidene – Serpentara e si era fatto una “talpa” in procura per scoprire le indagini sul suo conto e anticipare le mosse della procura.
A cura di Valerio Renzi
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Nove persone sono state arrestate questa mattina dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma. Si tratta di sette agenti della Polizia di Stato, sei dei quali in forze al reparto volanti, del commissariato di San Basilio e del commissariato Fidene – Serpentara, nonché di una funzionaria della Procura di Roma. In manette anche Carlo D'aguano, noto pregiudicato. L'uomo, originario del Napoletano, era il dominus di un intricato sistema di società e prestanome che gestivano numerosi nel quadrante Nord-Est della capitale. Ritenuto dagli inquirenti elemento contiguo alla camorra e in particolare al Clan Moccia, D'Aguano era già stato coinvolto in diverse inchieste relativo allo spaccio di stupefacenti, in particolare nell'operazione "San Basilio Spa", che nel 2013 ha colpito il controllo di alcune piazze di spaccio nel quartiere romano.

L'inchiesta è nata dalloperazione Babylonia, che ha portato alla luce vasti investimenti della criminalità organizzata nella capitale, in particolare in bar e sale slot. Durante l'inchiesta gli inquirenti hanno appuntato la loro attenzione su D'Aguano e sui suoi rapporti con la camorra. L'uomo in particolare risultava essere per l'appunto il proprietario di fatto di diverse attività commerciali – alcune delle quali già sottoposte a sequestro – nate da investimenti di capitali di provenienza dubbia. Il New Arcadia di via di Settebagni, tre locali chiamati Monte Carlo Cafè in via Tiburtina, via Cassa e via Nomentana, il Greta Café di via Casilina, il bar La Torre di via Padre Lino da Parrma. Sono questi i bar e in alcuni casi sale slot, finiti nel mirino della procura.

In cambio di informazioni sulle indagini a suo carico e di un occhio di riguardo, il pregiudicato aveva corrotto gli agenti offrendo loro gli introiti in nero di alcuni locali, partecipazioni societarie negli stessi con il coinvolgimento di prestanome (nella maggior parte dei casi mogli, compagne o familiari dei poliziotti) e alcune utilità come l'acquisto di auto, il pagamento della palestra, o anche bonifici sui conti di amici e familiari. Così la moglie di uno degli agenti era diventata titolare del 10% dell'Arcadia Srl, in un altro caso il 5% della stessa società era stata intestata alla figlia di un poliziotto.

Si chiama invece Simona Amadio "la talpa" scoperta in procura. La donna, candidata nel 2016 alle elezioni comunali del 2016 nella lista ‘Noi Con Salvini', era anche la compagna di uno degli agenti finiti in carcere, Angelo Nalci, assegnato al servizio scorte della Questura di Roma. Secondo quanto ricostruito la donna in più di una occasione, utilizzando gli accessi di cui era in possesso per lavoro, aveva verificato lo stato delle inchieste a carico di D'Aguano, inoltre la donna sarebbe stata interessata alla possibilità di avvicinare il giudice responsabile del provvedimento di sequestro dei locali ai danni del pregiudicato.

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