“Salvateci prima che sia troppo tardi”, la lettera da Rebibbia di 50 richiedenti asilo
Con una lettera rivolta al ministro dell'Interno, al responsabile dell'UNCHCR in Italia e al presidente della Camera Laura Boldrini, cinquanta richiedenti asilo ospitati nel centro di accoglienza A.S.T.R.A in via di Rebibbia 18, raccontano la loro storia: "Veniamo da paesi dilaniati dai conflitti come la Siria, l'Eritrea la Somalia e il Sudan. Una volta arrivati in Europa ci siamo scontrati con le ingiuste leggi di Bruxelles che impediscono la libera circolazione. Volevamo raggiungere le nostre famiglie nel nord Europa ma, secondo il regolamento di Dublino, ci hanno rispedito di nuovo in Italia, in quanto primo paese europeo raggiunto spesso fortuitamente. Vi scriviamo – prosegue la lettere – perché il Ministero dell'Interno ha deciso di revocare il progetto alle cooperative per le condizioni degradanti della struttura, a partire dal 28 febbraio. Ad un giorno dalla scadenza ancora non sappiamo nulla sul nostro futuro".
Da quello che si apprende gli ospiti del centro dovrebbero essere trasferiti addirittura fuori dal Lazio, ma questo comporterebbe per i 50 richiedenti asilo "ricominciare da zero", ma soprattuto "allungare ulteriormente i tempi di attesa per ottenere l'asilo politico. Sono mesi che aspettiamo la convocazione della commissione per la valutazione della nostra richiesta, trasferire ora la nostra residenza ritarderebbe ulteriormente la procedura". Ma soprattutto i 50 ospiti della struttura di Rebibbia non vogliono pagare per gli errori di altri, ovvero delle cooperative ‘Eriches 29', coinvolta in Mafia Capitale proprio per il business dell'accoglienza, ‘Un sorriso' e ‘Inopera'.
Se nelle prossime ore non accadrà qualcosa di nuovo a pagare le conseguenze della malgestione dell'accoglienza potrebbero essere i più deboli, gli ospiti del centro che rischiano di finire da un giorno all'altro in mezzo alla strada oppure spediti fuori città, in qualche altro centro d'accoglienza. Il paradosso? Erano stati gli stessi richiedenti asilo, accolti in condizioni che non esitano a definire ‘inumane', a chiedere l'ispezione ministeriale. Di certo non si aspettavano di essere messi in mezzo alla strada o spediti come pacchi lontano da dove stanno faticosamente tentando di ricostruirsi un futuro.