Dai clan di camorra alle cosche della mafia, dalle ndrine calabresi ai gruppi nati e cresciuti a Roma: dal clan degli Spada e dei Fasciani a Ostia ai Casamonica che controllano la Romanina fino a quella mafia ‘originale e originaria', così l'aveva definita il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone prima del processo, di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. In questo intreccio tra organizzazioni mafiose storiche, gruppi criminali, estorsori e usurai, rapinatori e trafficanti di droga, è una vera e propria ‘pax mafiosa', un accordo esplicito tra i clan, a garantire l'equilibrio e la convivenza della malavita organizzata a Roma. La fotografia emerge nelle quasi trecento pagine del terzo rapporto sulle ‘Mafie del Lazio' a cura dell’Osservatorio Tecnico-Scientifco per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio. Nella nostra regione, si legge, sono attivi 93 tra gruppi, clan, narcotrafficanti, famiglie storiche o autoctone. Di questi, circa 50 operano nel solo territorio della Capitale e a questi vanno aggiunti altre 62 organizzazioni, presenti ma non citate in indagini da almeno quattro anni e quindi, si presume, non attive.
Quello di Roma è uno scenario criminale complesso, in cui le tradizionali organizzazioni mafiose coesistono con gruppi criminali che, scrive Pignatone nel saggio ‘Le mafie su Roma, la mafia di Roma', che di fatto si avvalgono del cosiddetto metodo mafioso. La capitale, scrive ancora Pignatone, è "teatro di presenze soggettivamente plurime e oggettivamente diversifcate a carattere non monopolistico". Roma, dunque, è “città aperta”, anche per le mafie.
Ostia, San Basilio, Romanina e Tor Bella Monaca: i quartieri delle mafie
I vertici della Direzione distrettuale antimafia hanno parlato, per Roma e il Lazio, di un sistema criminale ‘multilivello' proprio perché, a partire dagli anni '80, nella Capitale hanno cominciato ad affiancare le organizzazioni mafiose tradizionali anche gruppi di criminali e bande autoctone, nate e cresciute a Roma. Tante organizzazioni criminali che convivono, coesistono e anzi sono capaci di stringere accordi. Si legge, infatti, nel rapporto che "i clan – se necessario – sanno formare joint-venture utili al conseguimento del risultato; sanno entrare in affari scambiando il proprio know-how criminale, mettendo ciascuno il proprio elemento di forza a disposizione dell’alleanza momentanea". a Roma le mafie e i gruppi criminali non ‘controllano il territorio', ma controllano il ‘perimetro dei mercati'. Gli unici quartieri di Roma soggetti a controllo del territorio, e si tratta di un controllo legato al traffico di stupefacenti, sono Ostia, San Basilio, Romanina e Tor Bella Monaca.
Tatuaggi, murales: i messaggi dei boss al territorio
Molti gruppi di narcotrafficanti romani hanno cominciato a utilizzare metodi mafiosi come l'intimidazione. Nei quartieri cercano consenso, esibiscono il potere, alimentano il ‘culto del boss'. Un murales, un tatuaggio e altri simboli simili, si legge nel rapporto, "sono una forma di comunicazione dei narcotraffcanti mandata al territorio, alle istituzioni, a chi lo abita, con una sorta di “progettualità” dell’attività criminale di lungo termine. Un potere che ha capacità di fascinazione anche sui giovani che, stretti fra disagio sociale e opportunità mancanti, rischiano di essere bacino di reclutamento di questi gruppi criminali".
Solo nel 2017, emerge dal rapporto, nel Lazio sono sei i procedimenti con 29 indagati per associazione di stampo mafioso, 58 i procedimenti con 412 indagati per reati con l’aggravante del metodo mafioso, 102 procedimenti con 1010 indagati per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, 21 procedimenti con 164 indagati per traffico di rifiuti e 9 procedimenti con 40 indagati per usura. Sempre nel 2017 nel Lazio sono stati sequestrati quasi ottomila chili di droga.