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Rogo Centocelle, lo zio delle sorelle bruciate vive: “Non diffamate i rom”

Con una lettera su Facebook Graziano Halilovic, zio delle tre sorelline bruciate vive nel camper dove vivevano a Centocelle, chiede rispetto per il dolore e di non accostare la comunità rom alla criminalità organizzata. Domani cittadini in corteo: “Così non si può morire perché non si può vivere così”.
A cura di Valerio Renzi
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Parla con una lettera pubblicata su Facebook, in italiano e in inglese, Graziano Halilovic, lo zio delle tre sorelle bruciate vive nel rogo del loro camper nella notte tra martedì e mercoledì nel quartiere romano di Centocelle. Chiede a tutti, media e istituzioni, associazioni e cittadini, rispetto per il dolore. E soprattutto chiede di aspettare eventuali arresti e l'individuazione dei colpevoli prima di arrivare a conclusioni affrettate. L'inchiesta punta nella direzione di una vendetta all'interno della comunità rom, ma Graziano chiede di non utilizzare i termini come ‘faida' o ‘clan', che associano i rom alla criminalità organizzata. Domani un corteo di cittadini partirà dalle 16.00 da piazza dei Mirti a Centocelle. "Non si può morire cosi perché così non si può vivere", questo lo slogan della manifestazione

Sono Graziano Halilovic, cugino di Romano Halilovic e zio di Francesca, Angelica ed Elisabeth,
Qualcuno, un mostro, ha bruciato vive tre bambine nel sonno, con una bottiglia incendiaria che ha trasformato in un rogo il camper di Romano, l’altra notte, a Centocelle, in un parcheggio pubblico, dove stazionavano senza disturbare nessuno.
Non sappiamo chi sia stato potrebbe essere stato chiunque: un rom, un gagiò, un giornalista per fare notizia, un razzista per odio, un italiano o uno straniero….
Un mostro, di certo, che ha commesso un crimine orribile, imperdonabile e disumano, che ha visto dei genitori assistere inermi alla morte dei figli bruciati dal fuoco.
Il punto è che non sappiamo chi sia stato e non possiamo usare la fragilità e il dolore del momento per individuare un colpevole prima che le indagini facciano il loro corso.
Confido che le forze dell’ordine svolgano le indagini senza farsi influenzare da pregiudizi razziali e riescano a dare un nome e un volto al colpevole.
Ma fino ad allora chiedo agli attivisti rom e non rom, alla società civile, a tutte le organizzazioni e ong dei diritti umani, ai politici italiani ed europei di intervenire sui media affinché nel rispetto del dolore della famiglia e nel rispetto delle vittime e della comunità rom, vengano diffidati ad utilizzare termini diffamatori, parlando di “clan” e di “faide tra rom”, associando così la comunità rom ancora una volta a termini che richiamano la criminalità organizzata, finché le indagini di chi ne ha la competenza non porteranno alla luce la verità.
Non sappiamo al momento se il colpevole sia un rom, un italiano, uno straniero, un giornalista o di quale ideologia politica sia. Fare delle illazioni a riguardo, cercando di coinvolgere un’intera comunità, è un gioco inutile e irrispettoso nei confronti dei rom che colpisce la famiglia delle vittime due volte: prima nella irrimediabile perdita e poi nella continua discriminazione.
Voglio ringraziare Papa Francesco, il Presidente della Repubblica Mattarella, il Pontificio Romano e il Vescovo Don Paolo LoJudice, la Comunità di Sant’Egidio, i cittadini di Centocelle e tutti coloro, politici e cittadini italiani, che hanno espresso solidarietà alla famiglia di Romano in questo momento di insuperabile dolore.
Questo è il momento della preghiera e del silenzio, e non della strumentalizzazione per fini diversi di quanto è accaduto: dobbiamo stare vicini a Romano, a Mela e ai loro figli superstiti, e rispettare il loro lutto.
Grazie

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