Sei anni per la madre di una delle due ragazze minorenni comprate da uomini maturi nell'appartamento dei Parioli. In questo caso giudiziario, noto con il nome di "le baby squillo dei Parioli, è la “mamma” di fatto la persona che paga più di tutti e che si iscrive nella categoria tutta italiana e sempre più in auge della “mamma degenere e snaturata”. Nove anni allo sfruttatore numero uno, Mirko Ieni, ma solo quattro anni al ricco commercialista Riccardo Sbarra che oltre a aver comprato le prestazioni delle due ragazzine, aver tentato di organizzare incontri con altri, venne trovato con i computer pieni zeppi di sue chat e video porno con bambini e bambine che mostravano organi sessuali.
Ma veniamo al piano strettamente giuridico che inchioda la donna a questa pena, e indirettamente i suoi figli particolarmente sofferenti per l'ulteriore separazione. È condannata per lo“sfruttamento della prostituzione di sua figlia” sebbene sia lei che la ragazza abbiano sempre affermato che è vero che prendeva dei soldi ma “sapeva solo dello spaccio di droga”. Un fatto che in sé fa sobbalzare chiunque per la sua gravità, che meriterebbe riflessioni e anche la consapevolezza di molte altre circostanze, ma per ora e qui occupiamoci solo delle accuse che hanno portato a questa condanna.
La donna è stata arrestata nel 2013, ha trascorso 3 mesi in carcere per custodia cautelare, le è stata tolta la potestà genitoriale, è stata separata immediatamente dai figli minori – la ragazza appunto, e un figlio ancora più piccolo. I due ragazzi, in assenza del padre, che vive fuori Italia e praticamente assente da sempre, sono vissuti e vivono tutt'ora in case famiglia. Durante l'interrogatorio della pm Macchiusi e dell'aggiunta Monteleone la ragazza ha rivelato che la madre aveva preso da lei dei soldi che lei stessa le aveva offerto per aiutarla, e che la madre ha finito per sollecitarle, in un paio di circostanze dal momento che si era appena reimpiegata in un negozio e non aveva ancora percepito lo stipendio. La ragazza ha anche affermato che la madre però sapeva che provenivano dalla sua attività di spaccio svolta saltuariamente e che si svolgeva dopo scuola a casa di un amico chiamato Mimmi (che nella verità è effettivamente lo sfruttatore).
Tuttavia, la stessa ragazza mentre viene considerata attendibile quando dice: “ho dato dei soldi a mia madre” non viene considerata attendibile quando aggiunge che però riteneva provenissero dallo spaccio.
Ma la prova regina addotta dai pm, confermata in primo grado e poi in Appello e ora anche in Cassazione, per provare la consapevolezza della madre della prostituzione della figlia, sarebbe che la ragazza dice alla madre al telefono: "non ti muovi?" la figlia: “no, oggi sto a casa perché sto male”. I pm le hanno chiesto – successivamente – cosa intendesse per stare male e se per caso non si trattasse di mestruazioni. La ragazza ha prima esitato dicendo di essersi presa qualcosa, poi ha detto che sì forse erano mestruazioni. E quindi, come recita la sentenza d'Appello quella sarebbe la prova. Infatti secondo i magistrati durante il ciclo non si hanno rapporti sessuali.
Le certezze incrollabili alla base della sentenza
Una sentenza basata su una certezza incrollabile di tipo fisiologico femminile delle bisnonne. Così recita la sentenza di Appello confermata dalla Cassazione: “…ben si concilia con la consapevolezza che a causa delle mestruazioni la figlia non potrà più avere rapporti sessuali”. Infatti la donna poi chiederebbe alla figlia: “ma ce la facciamo a recuperare questa settimana? perché io ho poco". I due concetti sono stati messi in correlazione strettissima, poiché infatti le mestruazioni che sempre e comunque impediscono rapporti sessuali, durano – sempre secondo i magistrati – appunto una settimana. Tout se tient.
La pm Cristiana Macchiusi, poi, sebbene la Cassazione non si fosse ancora pronunciata ha scritto un librino romanzato, in cui racconta della sua inchiesta e riporta appunto le frasi di cui sopra, ma inserisce le sue interpretazioni quelle cioè che sono servite a condannare la donna.
Quindi nel romanzo di Macchiusi diventa:
Madre: Senti un po' che fai oggi non ti muovi?
Figlia : No, perché sono indisposta.
Madre: mi devi dare i soldi per pagare la palestra.
La pm-scrittrice (smarcatasi, nei panni di scrittrice, dal suo ruolo professionale) inserisce anche cosa stesse pensando la ragazza e cosa stesse sentendo dentro di sé e che comunque stesse proteggendo sua madre, giudicata “mostro” nel romanzo (a prescindere dal fatto se questo ferisca o meno la minore o se sia giusto che una minore si rinconosca in quella storia all'origine della sua tragedia personale).
Sorprende di certo che la curatrice della ragazza, la stessa che l'ha costituita parte civile contro sua madre, si sia ben guardata poi da intentare qualsiasi azione contro questa mancanza di tutela della minore da parte di un'autorità come quella di un magistrato, che sia stata inserita per giunta in detto libro dal titolo “Ragazze in vendita” e non “Ragazze comprate”, e in un capitolo come “Baby Squillo” e non “Adulti che comprano minori”. Un libro che usa insomma tutte le cose che il marketing usa per attrarre l'attenzione del lettore. I curatori della ragazza non hanno evidentemente ritenuto utile per la “protezione della minore” denunciare i quotidiani e i media che ai tempi dell'esplosione della notizia cioè tre anni fa, hanno menzionato il nome della minore e ne hanno mostrato le foto con i tatuaggi riconoscibili. Né abbiamo fatto nulla per placare l'incessante ondata mediatica contro la madre della ragazze, e sulle dettagliate recite sulle prestazioni di queste. Stupisce infine che non ci sia stata una reazione, un annuncio di ricorso, una qualche protesta contro la sentenza dei libri che la ragazza deve leggere al posto dei ventimila euro che il cliente le deve per risarcirla.
E questa è la conclusione della storia in cui tutti si chiedevano “di chi è la colpa” e “ perché succede…”. I clienti ad oggi (una cinquantina) l'hanno fatta più o meno tutti franca e se la sono cavata con niente. Floriani, il più noto, è stato reintegrato e si è visto sui giornaletti abbracciato da sua moglie che salva la famiglia, e poi mentre si apre una pizzeria al taglio nello stesso quartiere in cui tutto accedeva. Paga la mamma cattiva, e i pm scrivono libri.