Processo Mafia Capitale, Gabrielli: “Ci sono resistenze nell’amministrazione capitolina”
Il capo della Polizia Franco Gabrielli ha parlato per oltre tre ore nell'ambito del processo su Mafia Capitale. Chiamato come testimone dalla difesa di Salvatore Buzzi, uno dei principali imputati nel processo su quel "mondo di mezzo" portato alla luce dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, Gabrielli ha ricostruito alcune vicende da lui vissute in prima persona dapprima come capo della Protezione civile e poi come prefetto di Roma. Proprio in questa veste avrebbe riscontrato come, nonostante lo scoppio dell'inchiesta, gli arresti e la bufera politica che si era abbattuta sulla Capitale a partire dalla fine del 2014, ci siano stati settori dell'amministrazione capitolina che hanno continuato a non collaborare: "resistenze" e scarsa collaborazione opportunamente segnalate da Gabrielli al ministro dell'Interno e all'allora commissario di Roma Francesco Paolo Tronca.
Le resistenze sarebbero emerse nell'ambito di alcuni accertamenti partiti dopo la decisione di commissariare il Campidoglio. I controlli sono durati un mese e venti giorni, da settembre a novembre 2015, e hanno riguardato gli organi dell'amministrazione di Roma toccati dall'inchiesta: un municipio su 15, tre dipartimenti su 15 e una società partecipata su 17. In questa fase, ha spiegato Gabrielli, "non sempre è stata trovata grande collaborazione da parte di alcuni organi dell'amministrazione capitolina, mentre abbiamo trovato massima collaborazione nella struttura politica".
"Odevaine era una persona affidabile"
Davanti ai giudici Gabrielli ha poi ricostruito i suoi rapporti con Luca Odevaine, ex membro del tavolo per la gestione dell'emergenza migranti al Viminale: "Con lui avrò preso forse un caffè, ma lo conosco da quando ero dirigente della Digos di Roma. E se lei mi avesse chiesto prima della discovery degli atti cosa pensassi di Odevaine, le avrei detto che era persona affidabile", ha detto Gabrielli al presidente della Corte. Fu proprio il giudizio positivo coltivato allora su Odevaine da parte di Gabrielli a fargli dire di sì quando Giuseppe Castiglione – sottosegretario, presidente dell'Upi e della provincia di Catania indagato nel giugno 2015 – propose il nome di Odevaine come interlocutore per le tematiche relative al Cara di Mineo. La vicenda del Centro di assistenza per richiedenti asilo della cittadina siciliana è anche contenuta in una intercettazione, confermata da Gabrielli, nella quale proprio l'allora prefetto chiedeva a Odevaine di verificare la situazione e indire una gara per la gestione, perché i costi prospettati dalla Croce Rossa erano "abnormi". Gabrielli ha però smentito di aver riferito della vicenda all'allora sottosegretario Gianni Letta, come sostenuto dallo stesso Odevaine: "Avevo un giudizio molto positivo di Odevaine, ma credo che questo non possa far dire al dottore di avere rapporti preferenziali con me. Erano rapporti con una persona stimata perché a quella data e per quello che aveva mostrato ritenevo fosse persona affidabile. Ma nella vita si può anche sbagliare".
Gabrielli: "Mai visto né conosciuto Buzzi"
Infine, nel corso della sua testimonianza Gabrielli ha affermato di non avere mai visto né conosciuto Salvatore Buzzi: "Non posso escludere di averlo incontrato in qualche cerimonia pubblica, ma prima di questa storia ne avevo sentito parlare come persona impegnata nel sociale. Né Odevaine né altri mi hanno mai parlato di Buzzi".