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Panama Papers: due arresti a Roma, in carcere Apolloni e un imprenditore

Due nuovi arresti a Roma, nell’ambito dell’inchiesta Panama Papers. Si tratta di Gian Luca Apolloni, già finito in manette a luglio 2013 e dell’imprenditore Roberto Laganà. Le fiamme gialle hanno sequestrato immobili, terreni e conti correnti per un valore di oltre 35 milioni di euro. Le indagini hanno rivelato la creazione di oltre 200 “società schermo” a Panama.
A cura di Alessia Rabbai
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Truffa aggravata e indebita compensazione di debiti tributari e previdenziali con crediti inesistenti: due persone sono finite in manette a Roma, coinvolti nell'inchiesta giornalistica "Panama Papers". Si tratta del romano Gian Luca Apolloni, operante in Italia e all'estero, e all'imprenditore Roberto Laganà, titolare della RTS società cooperativa, attiva nel settore dell'intermediazione di forza lavoro. Le fiamme gialle li hanno arrestati e hanno sequestrato immobili, terreni e conti correnti per un valore di oltre 35 milioni di euro.

L'inchiesta

L'inchiesta è iniziata dalle rivelazioni dell'"International Consortium of Investigative Journalists", che ha pubblicato online i dati dello studio legale panamense "Mossack Fonseca". Le indagini eseguite dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Roma con l'Ufficio Antifrode dell'Agenzia delle Entrate hanno fatto luce sulla figura del professionista come intermediario nella creazione di oltre 200 "società schermo" a Panama, collegate ad ulteriori imprese con sede a Samoa, Bahamas, Anguilla, Isole Vergini Britanniche e Cipro. In particolare, i finanzieri hanno scoperto che RTS, per neutralizzare i propri debiti fiscali e previdenziali, avrebbe eseguito numerose compensazioni indebite – tramite presentazione di modelli di pagamento F24 relativi a crediti d'imposta inesistenti – per oltre 15 milioni di euro, azzerando con frode i propri debiti.

La truffa

Secondo gli investigatori, la società, su indicazioni di Apolloni, "simulava investimenti in aree disagiate del sud-Italia per vantare crediti d'imposta fittizi utilizzando il codice tributo legato ai programmi di defiscalizzazione per incentivare lo sviluppo di quartieri e aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale". Apolloni avrebbe anche truffato numerose persone che si erano rivolte a lui, su suggerimento di funzionari di una banca lussemburghese, per gestire le operazioni di rientro di capitali detenuti all'estero. Secondo il giudice delle indagini preliminari, spacciandosi per commercialista e professore di diritto tributario, il protagonista della frode "proponeva ai malcapitati di occuparsi in prima persona delle incombenze del caso, chiedeva lauti compensi a titolo di competenze professionali e si faceva accreditare le somme apparentemente necessarie per il pagamento – in realtà mai avvenuto – delle imposte dovute: il tutto per una truffa da circa 2 milioni di euro ai danni di 8 vittime, clienti del professionista".

Apolloni già arrestato nel 2013

Apolloni è già noto alle cronache giudiziarie: il 17 luglio 2013 è stato arrestato per delitti tributari a seguito di indagini condotte dalla Dda di Bologna, nel cui ambito erano emersi collegamenti con Massimo Ciancimino, figlio di Vito, già sindaco di Palermo e legato a Cosa Nostra. Il 15 maggio scorso, invece, è finito in carcere a San Vittore, dove si trova tuttora, per il coinvolgimento in reati fallimentari.

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