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Pakistano ucciso a Torpignattara: “Daniel ha agito per non deludere il padre”

Rimane in carcere Massimiliano Balducci, accusato di aver istigato Daniel, il figlio di 17 anni, ad uccidere a calci e pugni Muhammad Shahzad Kahn, un giovane pachistano di 30 anni. Gli inquirenti hanno ricostruito come il padre avesse “educato” Daniel all’utilizzo della violenza.
A cura di Valerio Renzi
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Muhammad Shahzad Kahn, un giovane pakistano di 30 anni, la sera del 18 settembre passeggiava per via Ludovico Pavoni a Torpignattara recitando il corano a voce alta. Sono giorni di tensioni nel quartiere attraversato da manifestazioni contro il degrado e lo spaccio, che a volte prendono anche toni razzisti e intolleranti. Nel cuore della Roma multietnica le tensioni non mancano e la convivenza non è sempre rosa e fiori. Forse per il clima che si respira in alcuni bar del quartiere, Massimiliano Balducci decide che la voce di quel ragazzo pakistano è troppa alta, anzi è intollerabile per lui che sta riposando. Così l'uomo, qualche piccolo precedente, comincia ad insultare Shahzad dalla finestra per poi mandare il figli di appena 17 anni a dargli una lezione.

"Daniel è stato educato alla violenza"

"Daglie dù pizze, caccialo via sto deficiente, sto testa di cazzo. Sfondalo, gonfialo", così Massiliano istiga il figlio Daniel che obbedisce a quegli ordini massacrando a calci e pugni Shahzad fino ad ucciderlo. Così il tribunale del Riesame ha deciso che l'uomo, accusato di concorso morale in omicidio, resterà in carcere dove si trova dallo scorso 14 ottobre. Per il pubblico ministero Mario Palazzi che si sta occupando del caso, Daniel avrebbe agito per non deludere il padre. L'adolescente, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe cresciuto ed "educato" alla violenza come "strumento legittimo ed anzi obbligatorio per risolvere situazioni conflittuali".

Come se non bastasse Balducci dopo aver raggiunto il figlio in strada, davanti al corpo esanime di Shahzad che perdeva copiosamente sangue dal capo, invece di preoccuparsi quanto fatto dal figlio e prestare soccorso al ragazzo, ha cominciato a prendere a calci la porta di un palazzo minacciando i vicini che avevano urlato a Daniel di smetterla con quel furioso pestaggio. "Il fatto grave per lui – sottolinea il tribunale del riesame – non era la morte di un uomo massacrato di botte, ma che due persone avessero cercato di indurre il ragazzo a desistere dalla loro abitazione e lo avevano persino rimproverato".

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