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“Ora fate provare noi”: così M5s e Virginia Raggi hanno convinto i romani

L’M5S partito “normale”, pronto al gioco dell’alternanza di governo, radicato nei territori e non solo movimento di protesta trainato dalla visibilità nazionale di Beppe Grillo. Ecco la sfida che si cela dietro al caso Virgina Raggi a Roma.
A cura di Valerio Renzi
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Virginia Raggi
Virginia Raggi, candidata a sindaco di Roma per il Movimento 5 Stelle.

Un messaggio semplice quanto efficace: "Ora fate provare noi". Ripetuto in maniera sistematica da subito dopo l'esplosione dell'inchiesta Mafia Capitale e ancora di più dalla caduta della giunta di Ignazio Marino, che ha convinto i cittadini romani a dare fiducia al Movimento e alla sua candidata sindaco Virginia Raggi. Dopo il collasso di un'intera classe politica di centrodestra e centrosinistra, che i cittadini hanno scoperto coinvolta in un perverso intreccio tra governo della cosa pubblica, criminalità ed economia, forse era anche naturale che andasse così.

Eppure dalle parti del Nazareno ci avevano sperato che il risultato non fosse così netto: il Partito Democratico con Roberto Giachetti che quasi rischiava di essere costretto a un testa a testa con Giorgia Meloni per conquistare un posto ad un ballottaggio il cui esito, al oggi, appare scontato. Certo qualcuno dice: "poteva andare peggio". Debora Serracchiani ha parlato di "miracolo", ma senza crederci troppo. I romani alla fine hanno dato retta ad un ragionamento lineare di fronte ad una città al collasso: con Alemanno è andata come è andata, Marino aveva promesso di risollevare la città e guarda come è andata E allora perché no? Perché non far provare il Movimento 5 stelle? Cosa abbiamo da perdere?

In tanti potranno testimoniare che uno dei leit motiv delle conversazioni con oggetto le elezioni comunali in questi mesi è stata questa: "Se va male anche a questo giro è l'ultima volta che vado a votare". Una sorta di ultimo appello per la politica, a cui c'è chi arriva con entusiasmo e chi con fatalismo. A guardare la mappa del voto pentastellato balza agli occhi come questo ha funzionato nelle città laddove era in grado di esprimere uno spessore e una densità specifica, bene a Torino e Roma, male a Milano e Napoli. Una disomogeneità che testimonia come il risultato romano fosse tutt'altro che scontato.

Inutili gli strali lanciati dai "partiti tradizionali", che hanno dipinto il M5s e Virginia Raggi come degli sprovveduti, incapaci di governare una macchina complessa come il Comune di Roma, di passare dalla protesta e gli slogan al governo. Tantissimi elettori hanno deciso invece di fidarsi di dare una chance ai pentastellati, che dal canto loro sono stati attenti ha proporre un'immagine moderata e rassicurante del loro operato, utilizzando un linguaggio molto più sobrio degli esordi, pescando consensi ben oltre il loro zoccolo duro, a destra come a sinistra. Mixando il lessico della tolleranza zero al reddito di base e gli slogan per una città sostenibile. Dicendo no alle Olimpiani e "ni" allo Stadio della Roma. Attaccando i palazzinari ma promettendo di farla finita con le occupazioni abusive.

E ora la sfida è lì davanti, a portata di mano. Trasformarsi in un partito "normale", pronto al gioco dell'alternanza di governo, radicato nei territori e non solo movimento di protesta trainato dalla visibilità nazionale del suo leader. Una forza politica fatta di amministratori e di attivisti pronti a proporsi come nuova classe dirigente del paese e di una grande città come Roma. Ma prima Virginia Raggi deve vincere il "rush finale", come lo ha chiamato questa sera, consapevole che rimanere in sella al Marco Aurelio sarà tutt'altro che semplice e che la strada è in salita e piena d'insidie, non ultima quella di rimanere in ostaggio del governo Renzi che tiene in mano i cordoni della borsa.

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