Omicidio Vannini, la mamma di Marco: “Chiederò al ministro che il processo riparta da zero”
“Chiederò al Ministro della Giustizia Bonafede che il processo torni indietro e che si riparta da zero”, così la mamma di Marco Vannini intervenuta ieri a Quarto Grado su Retequattro. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, già intervenuto sul caso censurando le parole rivolte dal giudice proprio a Marina Conte al momento della lettura della sentenza, ha contattato telefonicamente la famiglia di Marco, e nei prossimi giorni ha annunciato che incontrerà di persona i genitori di Marco. A destare sdegno nell'opinione pubblica e la rabbia della famiglia Vannini, la decisione dei giudici della Corte d'Appello di ridurre la pena per Antonio Ciontoli da 14 a 5 anni per omicidio colposo. La speranza di Marina è che la Corte di Cassazione annulli la sentenza facendo ripartire il processo da capo, una scelta che però non è nel potere del ministro della Giustizia.
Caso Vannini: le parole del ministro Bonafede
"Ho personalmente la mamma di Marco Vannini, abbiamo parlato e parleremo ancora qui al ministero, nei prossimi giorni avrò modo di incontrare i genitori di Marco Vannini. – aveva spiegato Vannini – A lei ho già spiegato che il ministro della Giustizia non può entrare nel merito delle decisioni dei giudici: il ministro della Giustizia non può e non deve entrare nel merito delle decisioni dei magistrati. È un principio fondamentale della nostra Costituzione che io non posso e non voglio violare. Detto questo, ho guardato con molta attenzione il video in cui viene ripreso il momento della lettura del dispositivo della sentenza, un video entrato nelle case di milioni di cittadini, e voglio spiegare che un magistrato ha tutti gli strumenti idonei a far mantenere l’ordine all’interno di un’aula giudiziaria. Ecco perché ritengo inaccettabile quel che è accaduto”.
Gli avvocati della famiglia Ciontoli a Quarto Grado
Ieri nel corso della trasmissione ‘Quarto Grado' sono intervenuti anche i legali della famiglia Ciontoli. "Per poter parlare di omicidio volontario va dimostrata la volontà", ha spiegato l'avvocato Andrea Miroli, commentando la sentenza. "Che poi qualcuno possa dire che vi è sproporzione tra la tragicità del fatto e la pena applicata, questa è una valutazione che non può essere additata ai magistrati. Noi comprendiamo benissimo il dolore della famiglia Vannini, tuttavia in uno Stato di diritto è giusto che vengano applicate le regole", hanno aggiunto i legali. Ciontoli si sarebbe comportato pensando sì al suo tornaconto, ma non credeva che Marco potesse morire altrimenti si sarebbe comportato diversamente: "Le condizioni di Marco, in termini di gravità, non erano percepibili. I famosi due litri di sangue persi sono un’emerita corbelleria, perché Marco il sangue l’ha perso solo internamente".
La protesta dei commercianti di Cerveteri
Ieri sera i commercianti di Cerveteri e Ladispoli hanno abbassato contemporaneamente le saracinesche, esposto candele e cartelli per mostrare la loro solidarietà alla famiglia di Marco. La sentenza d'Appello ha mobilitato infatti larghe parti dell'opinione pubblica, tramite petizioni sul web di solidarietà alla famiglia, e le istituzioni locali che tra dichiarazioni e palazzi listati a lutto.
La morte di Marco Vannini
Marco Vannini è morto a vent'anni in casa della fidanzata, Martina Ciontoli, nel maggio del 2015 da un colpo di pistola esploso accidentalmente dal padre della ragazza Antonio Ciontoli. In quel momento in casa c'erano anche la moglie dell'uomo e l'altro figlio, Federico e la sua fidanzata, Viola Giorgini, unica assolta nel processo. Tutta la famiglia Ciontoli è stata condannata per aver innescato la spaventosa catena di omissioni e bugie che hanno portato alla morte di Marco dopo la sparo, emersa solo nei giorni e nelle settimane successive. In particolare i Ciontoli avrebbero ritardato a chiamare i soccorsi, pulito il bagno dove Marco era stato colpito e il suo corpo dal sangue e concordato una versione. Nel corso del processo Antonio Ciontoli, militare di carriera, aveva spiegato di aver paura di perdere il suo lavoro.