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Delitto di Arce, omicidio di Serena Mollicone

Omicidio Mollicone, famiglia Mottola rompe il silenzio: “Non abbiamo ucciso Serena, Tuzi ha mentito”

Franco e Marco Mottola, due dei cinque imputati nel processo che inizierà il 15 gennaio per l’omicidio di Serena Mollicone, hanno parlato per la prima volta a 19 anni dalla morte della 18enne di Arce. I due hanno negato ogni accusa e hanno rifiutato di rispondere alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa.
A cura di Natascia Grbic
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"Non sappiamo nulla di ogni azione criminale legata a Serena Mollicone. Ci auguriamo che vengano scoperti i suoi assassini, ma con questa storia non c'entriamo nulla". A distanza di 19 anni dall'omicidio di Serena Mollicone, la famiglia Mottola ha deciso di parlare. Lo ha fatto in una conferenza stampa all'Hotel Rocca di Cassino, a pochi giorni dall'inizio del processo per l'assassinio della giovane, previsto per il 15 gennaio. A parlare sono stati Franco Mottola, ex comandante della caserma di Arce, e il figlio Marco, entrambi accusati di omicidio aggravato e occultamento di cadavere in concorso. Non hanno voluto rispondere alle domande dei giornalisti presenti in aula: hanno letto delle dichiarazioni su un foglio e poi hanno lasciato parlare il pool che li accompagnava.

Omicidio Mollicone, il comandante della caserma: "Non sappiamo nulla"

"Se Serena realmente doveva andare a parlare con mio figlio, non c'era bisogno che si facesse vedere dal piantone della caserma – ha dichiarato Franco Mottola – Poteva citofonare direttamente a casa mia dato che ha un ingresso e un citofono indipendenti". L'ex comandante della caserma di Arce ha spiegato di non avere nulla a che fare nemmeno con la morte del brigadiere Santino Tuzi, unico ad aver detto che Serena Mollicone era entrata in caserma il primo giugno del 2001 alle 11. E che, fino alla fine del suo turno, alle 14.30, non era ancora uscita. Tuzi ha riferito di aver ricevuto attraverso l'interfono, dall'alloggio del comandante Franco Mottola, l'ordine di lasciar entrare la ragazza direttamente nel suo appartamento.

"Tuzi non si è suicidato per causa nostra"

Tuzi è stato trovato nella sua macchina con il petto squarciato da un colpo di pistola l'11 aprile 2008: erano appena state riaperte le indagini sull'omicidio di Serena, ed era stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla Procura di Cassino. "Chi collega la morte di Santino Tuzi al fatto che qualche giorno dopo doveva avere un confronto con me, dice una sciocchezza enorme – continua Franco Mottola – Né io né il mio difensore eravamo a conoscenza di questa cosa, la notizia non ci era stata comunicata".

Il figlio del comandante: "Serena non è mai venuta in caserma"

A parlare questa mattina, anche Marco Mottola. Secondo quanto ricostruito dalle indagini che hanno collegato il delitto alla caserma, Serena avrebbe scoperto un grosso giro di droga cui era legato il figlio del comandante. Quella mattina sarebbe andata in caserma per denunciare l'accaduto. "Sono innocente, non ho mai fatto male a Serena Mollicone ne so qualcosa sulla sua morte. La mattina del primo giugno non l'ho vista né in caserma né da altre parti. Il brigadiere Santino Tuzi non mi ha telefonato, dice una menzogna o si sbaglia quando dice di aver parlato con me. Preciso che ero presente al funerale di Serena. In vita ho commesso molti errori e dato molti problemi alla mia famiglia, e di questo ho chiesto scusa a loro, com'è giusto che sia".

Il delitto di Serena Mollicone e la riapertura del processo

Serena Mollicone è stata trovata morta a diciotto anni nel bosco di Fonte Cupa, ad Arce. Aveva mani e piedi legati, sulla testa una busta dell'Eurospin. È stata prima tramortita con un colpo alla testa, e poi soffocata. Le indagini erano state subito affidate ai carabinieri di Arce, gli stessi che oggi sono imputati nel processo per il suo omicidio. Il colpevole però, non si trova. Nel 2020, quasi vent'anni dopo i fatti, vengono rinviate a giudizio 5 persone. Franco Mottola, sua moglie, suo figlio e due militari in servizio quel giorno vengono accusato di omicidio in concorso. Saranno i giudici adesso a stabilire eventuali responsabilità del caso. Il papà, che per anni ha cercato la verità, non sarà presente: ha avuto un malore e adesso lotta in ospedale tra la vita e la morte.

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