Omicidio Alatri, la famiglia di uno degli arrestati lascia il paese. Paura tra gli indagati
"No alla vendetta, dobbiamo mantenere la calma", ha detto ieri il sindaco di Alatri Giuseppe Morini. Poco dopo una violenta rissa scoppiava tra gli amici e i conoscenti di Emanuele Morganti: a darsela di santa ragione chi sarebbe voluto ‘andare a cercare' i sette indagati a piede libero per il pestaggio e la morte del ragazzo, e chi invece vorrebbe solo piangere l'amico e lasciare che sia la giustizia a fare il suo corso. Anche Francesco, il fratello di Emanuele, aveva detto di non volere giustizia fai da te né vendetta.
Ma il clima in paese è pesante, la rabbia è tanta per un ragazzo di 20 anni ucciso a pugni e sprangate in testa, il cui corpo esanime continuava ad essere oltraggiato con sputi e insulti, e ieri sera ha già rischiato di esplodere. Qui ci si conosce tutti e il massacro di Emanuele è avvenuto di fronte a decine di testimoni. La famiglia di Paolo Palmisani, uno dei due fratellastri arrestati con l'accusa di omicidio intenzionale, ha già lasciato il paese, mentre i fermati e rilasciati a piede libero si tengono lontani dalla piazza, non si fanno vedere in giro.
Perché il centro della morte di Emanuele è proprio questo paese di provincia, dove si è scatenata una violenza apparentemente senza senso, oltremodo sproporzionata. Perché il ‘profilo' di Mario Castagnacci e Paolo Palmisani non è certo quello dei criminali incalliti o professionisti, ma al massimo di chi spaccia per arrotondare o per poter consumare a costo zero, di chi fa il prepotente o il bullo al bar o a strada ma non il killer. La violenza esplode accompagnata all'alcol e alla droga, tra orizzonti ristretti e un futuro asfittico.