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Migranti stipati in un furgone in condizioni disumane e portati in Italia: “Sono ancora vivi?”

I carabinieri di Ostia hanno arrestato 17 persone accusate di aver rubato 100mila litri di gasolio dagli oleodotti sotterranei che si trovano nell’area di Fiumicino. La banda è accusata anche di aver falsificato documenti e portato in Italia dei migranti stipati in un furgone, in condizioni così disumane da aver dubitato della loro sopravvivenza.
A cura di Natascia Grbic
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"Non senti nessuno che bussa dietro? Sono ancora vivi quelli?". È una delle frasi pronunciate dal gruppo di "vampiri del carburante" ed emerse dalle intercettazioni telefoniche registrate dagli inquirenti. La banda composta da diciassette persone, infatti, oltre a rubare il carburante dagli oleodotti tra Civitavecchia e Fiumicino per poi rivenderlo in nero alle pompe di benzina, ma portava in Italia migranti provenienti soprattutto da Afghanistan, Bangladesh e Iran. Dietro il pagamento di una somma di denaro, falsificavano dei documenti da dare a queste persone, che facevano poi viaggiare in condizioni disumane dietro il furgone. I trasportatori sono stati fermati in Croazia dalle forze dell'ordine durante un blitz che ha visto scendere in campo più di 150 militari non solo a Roma e provincia, ma anche a Napoli, Trieste e Cagliari. Il camioncino stava cercando di raggiungere il confine sloveno e poi Trieste per entrare in Italia e terminare il viaggio: nel vano posteriore, c'erano quattordici persone ammassate. Questa non era l'unica attività che la banda aveva messo in campo e non  a caso il gruppo era chiamato i "vampiri del carburante". Insieme avevano rubato circa 100mila litri di gasolio per un giro da tre milioni di euro.

L'incendio provocato sulla Roma – Civitavecchia

Sono diciassette le persone arrestate nell'ambito di quest'operazione effettuata dai carabinieri di Ostia. Quindici di loro sono state tradotte in carcere. La banda, composta prevalentemente da cittadini di origini romena, era capeggiata da un cittadino italiano che coordinava tutte le operazioni da eseguire.I furti avvenivano prevalentemente sempre nello stesso modo: il gruppo faceva dei buchi sugli oleodotti e si allacciava abusivamente alle condutture sotterranee con dei tubi di gomma lunghi anche 500 metri. Poi richiudeva i fori fatti con dei rametti e un po' di calce a presa rapida. Un'attività molto pericolosa, tanto che potrebbero essere stati sempre loro a provocare l'incendio che il primo dicembre 2018 si è sviluppato vicino all'autostrada Roma – Civitavecchia. Durante il furto di carburante, infatti, avrebbe fatto fuoriuscire del carburante che ha causato l'esplosione del pozzetto di ispezione della rete Eni. E infatti non sono accusati solo di favoreggiamento all'immigrazione clandestina e di furto di carburante, ma anche di aver potuto provocare un danno ambientale grave.

La banda sgominata per uno scontrino

Le indagini per sgominare la banda di "vampiri del carburante" sono durate quattro mesi e sono state condotte tramite intercettazioni, pedinamenti e controlli nei confronti delle persone arrestate. Gli inquirenti sono risaliti a loro dopo aver trovato uno scontrino vicino a un oleodotto – di proprietà delle società Eni e Raffinerie di Roma Spa – che era stato svuotato di gran parte del carburante. Lo scontrino aveva stampata sopra la data del giorno del furto. Così gli investigatori sono riusciti a risalire al registratore di cassa e hanno visionato le relative telecamere, riuscendo a risalire a uno degli indagati. E, dopo di lui, sono riusciti a risalire a tutti i membri del gruppo.

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