Metro C: truffa per 320 milioni e corruzione, in 25 rischiano il processo. C’è anche Alemanno
Una truffa per 320 milioni, falso e corruzione in relazione ai lavori di costruzione della Metro C di Roma. Questi sono i gravi reati per cui rischiano di finire a processo 25 persone tra cui l'ex sindaco Gianni Alemanno, l'ex assessore alla Mobilità di centrodestra Antonello Aurigemma e quello della giunta Marino Guido Improta. Il rinvio a giudizio potrebbe arrivare anche per l'allora dirigente del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza e per alcuni dirigenti che si trovavano all'epoca dei fatti in importanti posizioni all'interno di Roma Metropolitane e Metro C. La procura di Roma ha annunciato oggi di aver chiuso l'inchiesta di cui è titolare il sostituto Paolo Ielo.
Quella che ormai diventata famosa come l'opera pubblica più costosa di tutta la storia repubblicana, avrebbe visto così lievitare i costi illecitamente. Sono due gli episodi finiti sotto la lente degli inquirenti. Il primo risale al settembre del 2011: secondo l'accusa il Cipe avrebbe proceduto al pagamento di 23o milioni di euro, ritenuti un ingiusto profitto per la società Metro C, sulla base di una documentazione che ha indotto in errore l'organo preposta. Il secondo episodio è del 2013 e riguarda l'erogazione di 90 milioni di euro, in questo caso mai versati alla società, frutto di un accordo ritenuto truffaldino. Non mancano poi all'interno dell'inchiesta le assunzioni clientelari di parenti di dirigenti pubblici.
Tre episodi di corruzione
Ci sono anche tre episodi di corruzione tra gli illeciti evidenziati dalla Procura di Roma nell'ambito dell'indagine sulla Metro C. Il primo, che va dal luglio del 2010 al marzo del 2015, oltre Incalza chiama in causa l'ingegnere Stefano Perotti e Franco Cristini, presidente del consorzio Ati della Metro C: Perotti, per aver ricevuto da Cristini l'affidamento della tratta T3 della linea C, ha finanziato dal 2006 al 2007 e dal 2010 al 2011 la Green Field System per 120mila euro complessivi, società che a sua volta avrebbe corrisposto ad Incalza (che ha favorito lo sblocco e l'assegnazione di fondi non dovuti concretizzatisi con la delibera Cipe n.127/12) quasi 750mila euro mediante l'affidamento di incarichi per consulenze professionali.
Un secondo caso ha per protagonista Giuseppe Mele, coordinatore della struttura tecnica di missione del ministero dei trasporti, che "abusando della sua qualità e dei suoi poteri", ha fondato l'istruttoria da sottoporre al Cipe, basata su dati falsi, avrebbe ricevuto (tra l'ottobre e il dicembre 2015) come utilità "redditi da lavoro autonomo per l'anno 2014 (27.500 euro) e per l'anno 2015 (22mila euro) da Metropolitana di Napoli spa, consorzio composto tra gli altri dalla Vianini Lavori spa rappresentata da Cristini e dalla società Astaldi spa rappresentata da Stefano Cerri, entrambe mandanti nell'ambito del Consorzio Metro C".
L'ultimo caso di corruzione riguarda Giovanni Simonacci, "nella sua qualità prima di responsabile unico del procedimento e dopo dell'ufficio alta sorveglianza della linea C". Per aver "appoggiato con contributo fattivo e determinante le iniziative del contraente generale Metro C per ottenere la lievitazione dei costi dell'appalto, omettendo reali ed efficaci controlli", ha ricevuto in cambio l'assunzione della figlia Diana prima in Finmeccanica e poi in Ansaldo nel ruolo di ‘quadro ottavo livello' di esperta di marketing commerciale a titolo definitivo. Al reato di corruzione hanno concorso, secondo la Procura, per aver proceduto alle assunzioni, Sergio De Luca, ad di Ansaldo sts, e Leonardo Pavoni, funzionario di Finmeccanica. Il tutto nell'arco temporale compreso tra il settembre 2006 e il settembre 2013.