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Mamma accusata di aver avvelenato le figlie, assolta: “Hanno un gene che non fa smaltire farmaci”

Marina, la mamma accusata di aver avvelenato le figlie, è stata assolta sia dal Tribunale di Napoli sia da quello di Roma. Secondo un genetista nominato dalla difesa, le bimbe avrebbero una mutazione genetica che non farebbe smaltire i farmaci, provocando l’avvelenamento. La donna ha perso la responsabilità genitoriale e ha passato 34 mesi in carcere.
A cura di Natascia Grbic
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Potrebbero avere una mutazione genetica per la quale non riescono a espellere i farmaci in modo corretto: e così, a causa dell'accumulo, si produrrebbe l'avvelenamento. È questo quanto scoperto da un genetista nominato dalla difesa di Marina Addati, la mamma di 32 anni accusata di aver avvelenato le sue due figlie di tre mesi e tre anni. La donna è stata arrestata nel 2017 dopo aver partorito la terza figlia – che quindi non ha mai potuto allattare – ma adesso è stata scagionata, ed è stata assolta con formula piena sia dal Tribunale di Roma sia dal Tribunale di Napoli. L'avvelenamento non è stato causato da un atto deliberato, dalla sindrome di Polle, o dalla volontà di far stare male e uccidere le bambine. Secondo i giudici, infatti, Marina non solo non avrebbe le conoscenze mediche per avvelenare in quel modo le sue figlie, ma queste sarebbero state male per un particolare gene che non era stato individuato. E che non permette di smaltire in maniera corretta i principi attivi dei farmaci.

Sono passati tre anni dal suo arresto: Marina ha passato 34 mesi della sua vita in carcere. In questo lasso di tempo ha perso la responsabilità genitoriale nei confronti delle figlie (affidate a una comunità protetta), non ha mai potuto allattare la terza, e ha subito aggressioni da parte di detenute, che hanno cercato di linciarla nel carcere di Pozzuoli. Adesso che è tornata libera, chiede di ricongiungersi alla sue bambine.

La vicenda risale a novembre del 2015. Marina corre al pronto soccorso dell'ospedale Santobono di Napoli con la figlia di tre mesi in gravi condizioni: il corpicino era rigido, lei era cianotica, aveva vomito e diarrea. Inizialmente si pensa all'epilessia, ma le cure non portano alla guarigione sperata: anzi, le condizioni della piccola si aggravano e poco dopo entra in coma. La terapia viene sospesa, ma a distanza di un mese il principio attivo del farmaco è ancora presente nel sangue. Ed è allora che è nato dei medici il sospetto che fosse la madre ad avvelenare la bimba, tanto che Marina viene segnalata al Tribunale dei Minori. Un anno dopo, Marina corre di nuovo al Santobono: a stare male stavolta è l'altra figlia, di tre anni. Nel corpo i medici le trovano benzodiazepine. A questo punto, non hanno più dubbi: la madre sta cercando di uccidere le figlie avvelenandole. Adesso è stata scagionata, ma pende ancora la decisione sulla responsabilità genitoriale.

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