Mafia Capitale, Odevaine e Panzironi rimangono in carcere. Tiene l’associazione mafiosa
Rimangono in carcere l'ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi e Luca Odevaine, inquisiti entrambi nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale. Panzironi, vicino all'ex sindaco Alemanno, è accusato di aver pilotato gli appalti di Ama a favore della cricca e di aver intascato tangenti; dal canto suo Luca Odevaine, ex braccio destro di Veltroni quando risiedeva in Campidoglio, è accusato anche lui di essere a busta paga dell'amministrazione: avrebbe dirottato la scelta dei campi di accoglienza per accogliere i migranti in favore di Buzzi e Carminati
Il Tribunale del Riesame, presieduto da Bruno Azzolini, ha confermato oggi la custodia cautelare in carcere anche per il funzionario del Comune di Roma Claudio Turella, per gli imprenditori Cristiano Guarnera e Giuseppe Ietto, oltre che Nadia Cerrito, segretaria del presidente della cooperativa 29 giugno Salvatore Buzzi. Per Panzironi, Guarnera, Ietto e Cerrito confermata la partecipazione all'associazione di stampo mafioso, accusa stralciata invece per Fabio Gaudenzi trasferito agli arresti domiciliari (rimane infatti accusato di trasferimento fraudolento di valori e usura). Ai domiciliari anche Rossana Calistri, indagata per turbativa d'asta e rivelazione di segreto d'ufficio per essere stata componente della commissione che aggiudicò alla Eriches 29 la manutenzione delle aree verdi delle ville storiche; Pierina Chiaravalle e Sandro Coltellacci, i due collaboratori di Buzzi accusati di corruzione aggravata. Torna in libertà invece Franco Cancelli (indagato per turbativa d'asta) a capo della cooperativa Edera.
Per la terza volta il tribunale del riesame ha confermato l'impianto accusatorio della Procura di Roma, che vede al centro dell'indagine un'associazione a delinquere di stampo mafioso, quindi l'utilizzo dell'articolo 416 bis del codice penale. In virtù di questa accusa ieri, quello che è ritenuto essere il boss indiscusso di Mafia Capitale Massimo Carminati, detenuto nel carcere di Tolmezzo in provincia di Udine, è stato messo al 41 bis, il regime di carcere duro previsto per i mafiosi più pericolosi per impedire loro ogni comunicazione con l'esterno. La decisione è stata presa, sotto richiesta della Procura di Roma, dal ministro alla Giustizia Andrea Orlando.