L'appello comincia a circolare su Facebook verso le 16.00. "Stanno portando gli zingari all'ex clinica andiamo tutti". Rimbalza da un gruppo all'altro, subito si fa chiaro che la situazione può farsi esplosiva e così accade. Da una parte la polizia, dall'altra molti residenti di Torre Maura a cui presto si aggiungono i militanti dell'estrema destra paracadutatisi sul posto per soffiare sul fuoco. Ci sono anche i rappresentanti del Partito democratico della zona e il comitato di quartiere che tentano di calmare gli animi e condurre una trattativa. Ma per lunghe ore non c'è nessuno con cui parlare: le istituzioni sono assenti, l'unica controparte sono i dirigenti delle forze dell'ordine che promettono un incontro nella speranza di poter evitare l'intervento con la forza. I cassonetti vengono buttati in mezzo alla strada e incendiati, vengono anche intercettati i panini diretti all'interno del centro di via Codirossoni: buttati in terra vengono calpestati. Il messaggio è chiaro: qui non permettiamo che vengano gli zingari.
Poi arriva l'incontro con i rappresentanti di Roma Capitale. Vince la piazza, vincono gli ululati razzisti, vince il ricatto della violenza: le famiglie verranno spostate in un altro luogo entro una settimana. Anche molti esponenti della sinistra e del centrosinistra, pur condannando gli eccessi e i toni xenofobi finiscono per giustificare le proteste: il problema sarebbe la mancanza di comunicazione con la cittadinanza. Semplicemente questo è parte del problema, la foglia di fico per giustificare quella che viene percepita come una genuina espressione di rabbia popolare, la "pancia" della periferia che ogni tanto scoppia. Poche decine di persone vengono assurte a rappresentanti di un'opinione universale. Ma l'origine della questione è un'altra: si continuano a ghettizzare i rom, trattati come cittadini di una categoria diversa da tutti gli altri, non come famiglie come tante altre in emergenza abitativa. Si riproduce così lo stigma, la paura per l'arrivo degli zingari con la costruzione di ghetti monoetnici, all'infinito si ripete lo schema del campo rom.
Le periferie di Roma rischiano di esplodere ad ogni tensione. Una bomba pronta ad esplodere in mano a chi l'ha innescata, e non fa eccezione il Movimento 5 stelle e la giunta di Virginia Raggi. Le istituzioni e le forze politiche (quasi tutte) in questi anni sono state morbide con chi individuava come bersaglio i migranti nei centri di accoglienza, gli insediamenti abusivi e via discorrendo, finendo sempre per giustificare un sentimento che alla fine nessuno vuole perdere in termini di percentuali nelle urne. Non solo: nelle periferie di Roma si vive sempre peggio. Quegli stessi quartieri che hanno eletto la sindaca con un plebiscito chiedendo discontinuità con il passato, ora chiedono conto delle promesse e non sono disposti a dare la colpa solo a "quelli di prima". Perché alla fine è più facile ragionare se gli spazi dove si vive sono ben tenuti, se gli autobus passano e le periferie non diventano dei ghetti dove si ha la percezione che vengono scaricati tutti i problemi, se in quartieri come Torre Maura vivono iniziative culturali e aprono nuovi servizi.