Lei già da presidente di Ama aveva espresso delle perplessità sul Tmb Salario, augurandosene la chiusura in tempi brevi. Dal 2015 ad oggi la situazione è peggiorata?
Da quello che leggo dalle ispezioni di Arpa Lazio, la situazione è peggiorato dal punto di vista della produzione, dell'efficienza. Ma quell'impianto ha avuto sempre problemi. Ha cominciato la sua marcia dopo anni dalla costruzione in attesa di collaudi e verifiche. Sotto utilizzato in una prima fase, nel biennio 2011/2012 quando Malagrotta lavorava a pieno regime, dal 2013 ha cominciato a essere utilizzato a regime ma i risultati in termini di efficienza non si sono mai stati neanche allora. È un impianto che ha sofferto molto del fatto che la situazione gestionale del ciclo dei rifiuti di Roma Capitale è fragile, esposta a mille condizionamenti. L'impianto andava già chiuso nel 2015 trovando altri sbocchi e magari pensare ad una riconversione a partire dal contesto, ovvero che lì attorno vivono decine di migliaia di persone costrette a subirne l'incombenza.
Nel 2015 ci fu giù un incendio, dopo il quale l'impianto sarebbe stato dotato di un impianto di sicurezza e sorveglianza all'avanguardia. Perché allora le fiamme non sono state spente subito?
Il 2 giungo 2015 l'impianto andò a fuoco, ma era ‘scarico', nel capannone vi erano solo pochi cumuli di rifiuti e a incendiarsi fu un cumulo di materassi. L'inchiesta è stata archiviata non essendo stati ravvisati gli estremi per indagare su un dolo o per una colpa grave. Il danno fu riparato in 4 o 5 mesi. Questo incendio ha invece interessato una quantità di rifiuti molto più importante, bruciando per molte ore mandando in fusione apparati sensibili dai motori ai nastri trasportatori. Il danno è davvero molto grave. Nel 2015 si intervenì rapidamente ed efficacemente perché l'impianto era scarico, ma il danno fu comunque rilevante: spendemmo più di 1 milione di euro per rimetterlo in funzione.
C'è pericolo secondo lei per la salute dei residenti?
Ogni processo di combustione genera inquinanti, di qualsiasi tipo sia. Un forno di pizzeria che brucia legna non ha i sistemi di filtraggio dei fumi che ci sono in un'industria o in un inceneritore, ma lo stesso se bruciamo delle legna in un caminetto o della carta produciamo diossina. Il punto sono i livelli di concentrazione: quanto materiale immetto in atmosfera per metro cubo di ossigeno. I livelli di concentrazioni sono quelli che rilevano ad esempio quando bisogna fermare il traffico perché le polvere sottili sono a un livello di concentrazione troppo elevato. Se Arpa e Asl dicono che i livelli sono compatibili con la salute perché non hanno superato le soglie, vuol dire che non c'è pericolo. Dopo di che diossina e polveri sottili sicuramente ne sono state prodotte in quantità importanti.
L'impianto ora va demolito?
C'è un convincimento diffuso che questo tipo di impianti deve evolvere. Sono impianti che trattano rifiuti da rifiuti, da bruciare o interrare, pur diminuendone la carica inquinante della componente organica. Se bisogna immaginare di ripristinare al Salario un impianto di trattamento, sicuramente non si può pensare a un Tmb di vecchia generazione. In secondo luogo bisogna tenere conto degli ingenti danni e che bisognerà in ogni caso abbattere e ricostruire. È una decisione politica che spetta in primo luogo a Roma Capitale. Se siamo nella fase dell'avvio dell'economia circolare: facciamo di questa crisi un'opportunità per cambiare. La posizione dell'impianto poi non è assolutamente adeguata: troppo densamente popolata e su un'arteria di traffico importante.
Roma rischia di essere sommersa dai rifiuti a Natale?
Questo era in pericolo che già esisteva prima dell'incendio al Salario. La raccolta differenziata è ferma – come ci ha ricordato il recente rapporto Ispra – e gli impianti saturi ci sarebbe comunque stato bisogno di soccorso dalle altre province del Lazio. Ora ovviamente la situazione è aggravata dal rogo che ha messo fuori uso l'impianto Tmb Salario e servirà il soccorso di altre regioni, probabilmente dell'Abruzzo.