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Il Pd che perde le primarie a Roma è lo specchio del fallimento della linea di Renzi

Alle primarie a Roma perdono i candidati della segreteria romana del Partito democratico e vincono i candidati che promettono discontinuità e di rinnovare il campo del centrosinistra, mischiando le carte fuori e dentro il Pd. Un messaggio chiaro contro la linea isolazionista di Renzi e Orfini.
A cura di Valerio Renzi
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I candidati della segreteria romana del Partito democratico in III e VIII Municipio sono stati sconfitti lo scorso sabato ai gazebo delle primarie di coalizione del centrosinistra. A Montesacro a perdere è stata Paola Ilari, segretaria del partito nel municipio, renziana di ferro che non ha ricevuto l'appoggio di una parte del suo stesso partito, che ha invece sostenuto l'urbanista ed ex assessore della giunta di Ignazio Marino, Giovanni Caudo. A Garbatella, dove il Pd era unito dietro Enzo Foschi, questo non è bastato e a spuntarla con ampio margine è stato Amedeo Ciaccheri, candidato di una coalizione di Sinistra Civica, appoggiato tra gli altri dal vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio.

A perdere alle primarie municipali è stata così la linea "isolazionista" del Pd romano, ispirata con determinazione dall'ex commissario e presidente del partito Matteo Orfini a cui Renzi ha delegato da tempo la gestione degli affari romani. Un segnale inequivocabile: chi vince, mischiando le carte fuori e dentro il Pd, è chi si propone come in discontinuità con il recente passato, chi promette di rinnovare il centrosinistra. Caudo e Ciaccheri hanno saputo interpretare la voglia di riscossa del "popolo del centrosinistra", di rivincita dopo la Caporetto del luglio 2016, dopo la batosta presa alle elezioni di Ostia, dove il Pd andando da solo ha preso poco più del 13% dei consensi.

Lo dice forte e chiaro Marco Miccoli, ex segretario del Pd della capitale ed ex deputato non ricandidato da Renzi: "Per quanto riguarda il Pd romano, la novità è la definitiva archiviazione della linea dell'isolamento, tanto cara al Presidente Orfini. Il vero sconfitto di ieri è lui.
Linea perorata in questi tre anni, dalla cacciata di Marino, fino a ieri sera alle 22. – scrive su Facebook – Ora il Pd romano ha l'opportunità di cambiare pagina e di riprendersi la propria autonomia dalle dinamiche nazionali, quella che ha già adottato appunto Zingaretti in regione". Ed eccolo qua fare capolino il possibile grande avversario di Renzi dentro il partito: Nicola Zingaretti, che vince anche quando il Pd perde, che è in grado di dialogare con il Movimento 5 stelle e di portarsi dentro la coalizione le forze di sinistra scaricando i centristi.

Elaborato lo choc di Mafia Capitale, c'é chi vuole ripartire da dove la crisi del centrosinistra a Roma ha preso una china imprevedibile: la defenestrazione di Ignazio Marino dal Campidoglio tramite notaio. Operazione di cui proprio Matteo Orfini fu il regista. Lo stesso Orfini e il "senatore semplice" Matteo Renzi, che ieri da Fabio Fazio ha chiuso la porta in faccia al M5s senza aspettare la direzione del 3 maggio, farebbero bene a valutare con attenzione i segnali che arrivano dalla capitale.

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