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Ignazio Marino si è dimesso: il sindaco di Roma lascia l’incarico

Ignazio Marino si è dimesso, dopo aver provato fino all’ultimo a non lasciare la poltrona di sindaco di Roma Capitale, il pressing del Pd si è fatto troppo forte. Dopo poco più di due anni di centrosinistra della città, segnati da polemiche e dall’esplosione dell’inchiesta su mafia capitale, Roma è senza governo.
A cura di Valerio Renzi
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Aggiornamento: l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino è stato assolto in via definitiva per insussistenza del fatto per l’accusa di peculato in relazione all’utilizzo della carta di credito concessa a fini istituzionali da Roma Capitale (la cosiddetta vicenda “scontrini”). 

Alle 19 e 30 di oggi Ignazio Marino si è dimesso. "Esprimiamo apprezzamento per il gesto di responsabilità con cui Ignazio Marino ha ritenuto di presentare le proprie dimissioni da sindaco di Roma. È una scelta giusta che dimostra la sua volontà di mettere al primo posto l'interesse della città". Così il Partito democratico commenta l'addio di Marino. "Il Partito democratico assicura il massimo impegno per continuare ad affrontare i problemi di roma e per garantire la piena riuscita dell'imminente giubileo, occasione di rilancio della città, cui devono essere dedicate tutta l'attenzione e le energie possibili, mettendosi a disposizione del futuro commissario di Roma".

Questa la lettera d'addio dell'ex primo cittadino di Roma:

“Care romane e cari romani, ho molto riflettuto prima di assumere la mia decisione. L’ho fatto avendo come unica stella polare l’interesse della Capitale d’Italia, della mia città. Quando, poco più di due anni e mezzo fa mi sono candidato a sindaco di Roma l’ho fatto per cambiare Roma, strappando il Campidoglio alla destra che lo aveva preso e per cinque anni maltrattato, infangato sino a consentire l’ingresso di attività criminali anche di tipo mafioso. Quella sfida l’abbiamo vinta insieme".

Marino: "Ho impostato cambiamenti epocali"

In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta: il sistema corruttivo è stato scoperchiato, i tentacoli oggi sono tagliati, le grandi riforme avviate, i bilanci non sono più in rosso, la città ha ripreso ad attrarre investimenti e a investire. I risultati, quindi, cominciano a vedersi.

Il 5 novembre su mia iniziativa il Comune di Roma sarà parte civile in un processo storico: siamo davanti al giudizio su una vicenda drammatica che ha coinvolto trasversalmente la politica. La città è stata ferita ma, grazie alla stragrande maggioranza dei romani onesti e al lavoro della mia giunta, ha resistito, ha reagito".

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Marino: "Furiosa reazione contro di me. Ora mancano le condizioni politiche"

Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione. Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Ho tutta l’intenzione di battere questo attacco e sono convinto che Roma debba andare avanti nel suo cambiamento. Ma esiste un problema di condizioni politiche per compiere questo percorso. Queste condizioni oggi mi appaiono assottigliate se non assenti.

Marino: "Posso ritirare le dimissioni entro 20 giorni"

Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni. Sapendo che queste possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche.

Questi i motivi e il quadro in cui si inseriscono le mie dimissioni. Nessuno pensi o dica che lo faccio come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini successivamente alla mia decisione di pubblicarli sul sito del Comune. Chi volesse leggerle in questo modo è in cattiva fede. Ma con loro non vale la pena di discutere.

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Marino: "Dal mio lavoro passa il futuro della città"

Mi importa che i cittadini – tutti, chi mi ha votato come chi no, perché il sindaco è eletto da una parte ma è il sindaco di tutti – comprendano e capiscano che – al di là della mia figura – è dal lavoro che ho impostato che passa il futuro della città. Spero e prego che questo lavoro – in un modo o nell’altro – venga portato avanti, perché non nascondo di nutrire un serio timore che immediatamente tornino a governare le logiche del passato, quelle della speculazione, degli illeciti interessi privati, del consociativismo e del meccanismo corruttivo-mafioso che purtroppo ha toccato anche parti del Pd e che senza di me avrebbe travolto non solo l’intero Partito democratico ma tutto il Campidoglio”.

Marino, in carica solo 848 giorni

Ignazio Marino si è dimesso, dopo poco più di due anni dalle elezioni, il primo cittadino della Capitale lascia l'incarico. Eletto al secondo turno sostenuto da una coalizione di centrosinistra, l'esponente del Partito democratico il 10 giugno del 2013 batteva con il 63,93% dei voti il sindaco uscente Gianni Alemanno che si fermava al 36,07%. Al primo turno l'esponente dem aveva preso il 42,61%, spianandosi la strada per la volata verso il Campidoglio. Dopo cinque anni di centrodestra il centrosinistra tornava al governo della città promettendo una stagione di rinnovamento.

Marino, scelto con le primarie di coalizione e appoggiato anche da Sel, non era di Roma e mancava di esperienza amministrativa, ma il Pd sembrava certo di aver puntato sul cavallo giusto: chirurgo di fama internazionale ed eletto senatore per tre volte (nel 2006, nel 2008 e nel 2013), ricoprendo anche incarichi importanti come la presidenza della Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario e la presidenza della Commissione Sanità del Senato.

Che sorte del sindaco segnata si era capita da ieri sera, quando l'indiscrezione di una richiesta di dimissioni arrivata direttamente dal commissario del Pd Matteo Orfini era diventata certezza. Oggi a suonare il de profundis il senatore dem e assessore ai trasporti Stefano Esposito: "La prospettiva a Roma è un commissario e poi il voto a maggio".

Non ha retto l'urto dell'ultima, ennesima polemica la poltrona da sindaco di Ignazio Marino. Quelle cene pagate con la carta di credito del Campidoglio e messe in nota spese come incontri di rappresentanza, quando in almeno quattro casi il sindaco è stato sbugiardato dai ristoratori che hanno parlato di cene con la moglie e i familiari. E pensare che era stato lo stesso Ignazio Marino a mettere online tutte le sue note spese pensando così di mettere fine agli attacchi delle opposizioni. Dopo gli attacchi sul viaggio a Philadelphia a seguito del Papa e quelle vacanze negli Usa troppo lunghe, mentre in città si tenevano i funerali in pompa magna del boss Luciano Casamonica, l'apertura di un fascicolo in Procura su quelli scontrini è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

Il Pd, su spinta di Orfini, aveva dato vita ad una fase due per il rilancio dell'azione del Pd romano travolto da mafia capitale, con l'immissione in giunta di nuovi 5 assessori, tra cui i parlamentari Causi ed Esposito paracadutati sul Campidoglio. Ma Matteo Renzi era sta chiaro: "Marino deve governare".

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