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I familiari delle vittime: “Nessun aiuto dalle istituzioni, ci rimbocchiamo le maniche da soli”

Cos’è cambiato per i familiari delle vittime del terremoto di Amatrice? Nulla: le loro case sono ancora distrutte e loro non sanno niente di quello che sarà delle loro abitazioni. Ma non si danno per vinti: come a Saletta, dove gli abitanti, i volontari e i parenti dei residenti mantengono vivo lo spirito che albergava prima nella frazione.
A cura di Natascia Grbic
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Ci sono le 299 vittime del terremoto di Amatrice e poi ci sono i loro familiari. Quelli che sono sopravvissuti, che ‘ce l'hanno fatta'. Anche se forse farcela è stato un destino più crudele della morte. Dopo il sisma, padri e madri hanno estratto i corpi senza vita dei figli dalle macerie delle proprie case, nonni hanno messo su una lettiga i cadaveri dei nipoti, figli hanno sepolto genitori, ragazzi hanno cercato di salvare i propri amici, non riuscendoci. A Saletta, frazione di Amatrice che conta dodici residenti, sono morte ventidue persone. Tra loro ci sono anche i genitori di Giada Nobile: sono stati trovati abbracciati a letto. Giada ha composto una canzone che ha dedicato a loro e a tutte le vittime del sisma: al video hanno partecipato diversi abitanti di Amatrice. Ma che cosa è cambiato rispetto a tre anni fa? Che i familiari delle vittime brancolano ancora nel buio, abbandonati dalle istituzioni.

"Dopo tre anni non abbiamo nessuna informazione, nessun aiuto, non sappiamo nulla su quello che sarà della nostra casa – spiega Giada a Fanpage.it – Se stiamo ancora in piedi e continuiamo a lavorare è perché ci rimbocchiamo le maniche e ce la mettiamo tutta. Come si dice, siamo di paese e siamo forti: e a me il sorriso non me lo toglie nessuno anche se ho perso una parte importante della mia vita. I miei genitori se ne sono andati da eroi, a differenza di tante persone che invece se ne vanno senza dignità". Giada, come altri, ha perso tutti: genitori, cugini, il proprio cane. "E non mi hanno dato nemmeno lo psicologo, me lo sono dovuto pagare di tasca mia, come i funerali – racconta – Ci avevano offerto le sedute ad Amatrice, ma abitando a Roma e lavorando per me non era possibile andarci due volte a settimana. Figuratevi che mi avevano chiesto 12 euro al metro quadro per smaltire le macerie, chiaramente mi sono rifiutata. Ho fatto tutto da sola, io da quest'Italia non mi aspetto nulla".

Se le istituzioni hanno lasciato i familiari delle vittime da soli, gli abitanti di Amatrice si sono dati da fare e hanno iniziato ad aiutarsi l'un altro. "A Saletta abbiamo quest'associazione, ‘Amici di Saletta‘, dove organizziamo eventi a spese nostre, ma dove cerchiamo di non far perdere lo spirito che c'era anche prima del terremoto – racconta Giada – Qualche giorno fa abbiamo organizzato un pranzo dove sono venute 300 persone e siamo stati aiutati da tantissimi volontari venuti anche da Roma". Le macerie sono ancora lì, nulla ad Amatrice è stato ricostruito. I lavori sono fermi. Solo i suoi abitanti e le persone che hanno un legame con quel luogo non si fermano mai. "Il fatto che i miei genitori siano morti abbracciati per me vuol dire tanto – conclude Giada – E prima di tutto che sono figlia dell'amore, perché mio padre dopo 40 anni di matrimonio ha fatto questo come ultimo gesto verso mia madre. E questo mi deve dare non tristezza, ma coraggio".

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