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Amatrice deve tornare a vivere. Il sindaco: “La nostra storia non è finita il 24 agosto 2016”

Tre anni dopo il terremoto che ha devastato il centro Italia, Amatrice è ancora distrutta. La ricostruzione non è mai partita e il comune è in ginocchio. Ma in città c’è anche voglia di ripartire e tornare alla vita di un tempo: “Dobbiamo farlo per noi, per le nostre vittime, per i nostri figli. Questa è la nostra storia che viene messa in discussione”.
A cura di Natascia Grbic
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Amatrice, le devastazioni del terremoto del 24 agosto 2016.
Amatrice, le devastazioni del terremoto del 24 agosto 2016.

Tre anni fa l'Italia si svegliava con le immagini di Amatrice, Accumuli e Arquata del Tronto ridotte in macerie. Quello che prima era considerato uno dei borghi più belli d'Italia, non esisteva più. 299 le vittime, molte delle quali non erano ancora state estratte dalle macerie: perché quella mattina di tre anni fa si continuava a sperare che il numero non si alzasse, che la lista non si allungasse e che si potesse mettere un freno alla disperazione. Da allora, sono passati tre anni: e se c'è una cosa che si può dire oggi, è che da quel giorno non è cambiato nulla. I lavori di ricostruzione non sono mai partiti, e Amatrice si sta svuotando. E questo ha danneggiato non solo il morale della città, ma anche il suo tessuto economico e produttivo. "A parte alcuni cantieri che riguardano condomini con appartamenti in fase di ricostruzione, per cui speriamo che nel 2020 molte famiglie potranno rientrare nelle proprie case, il grosso della ricostruzione deve ancora iniziare. Stiamo parlando quindi di una goccia nel mare", spiega a Fanpage.it Antonio Fontanella, il sindaco di Amatrice.

Il sindaco di Amatrice, eletto a maggio di quest'anno, racconta che il problema vero per la ricostruzione nasce dall'impostazione del quadro normativo, che affronta la catastrofe tramite la legislazione ordinaria. E questo rende difficoltosa l'istruttoria dei progetti di ricostruzione e la loro approvazione: con il risultato che, senza ricostruzione, le persone se ne stanno andando e Amatrice rischia di trovarsi senza tessuto sociale. "Non è pensabile far fare a un progetto di ricostruzione tutta la trafila della normale normativa, bisogna pensare a un adeguamento mirato: non vogliamo ovviamente zone franche, ma chiediamo che sulla base di alcune criticità rilevate dai Comuni si vada poi a confronto con la Regione Lazio, con il Mibac e gli enti sovraordinati".

L'imperativo è uno: Amatrice deve tornare a vivere. E deve farlo non solo attraverso la ricostruzione, ma anche tramite le persone che nel comune reatino avevano una casa e che dal 24 agosto 2016 non riescono a tornare. "Una cosa che ci preme moltissimo è il mantenimento del legame di tantissime famiglie che avevano la casa di origine nel nostro territorio e che costituivano la linfa vitale della nostra economia, che non può resistere solo con i locali e i residenti – dichiara Fontanella – Quindi abbiamo pensato di progettare aree di sosta camper, alloggi leggeri e strutture mobili per consentire alle famiglie di tornare ad Amatrice e far sì che quel legame che è passato di generazione in generazione non si interrompa". Amatrice oggi è ancora distrutta, ma la speranza che un domani torni a vivere c'è ed è forte. "Non mi sarei candidato a sindaco se non avessi avuto la convinzione che Amatrice potesse tornare com'era prima – conclude Fontanella – Dobbiamo farlo per noi, per le nostre vittime, per i nostri figli. Questa è la nostra storia che viene messa in discussione: e voglio che quella storia abbia continuità e non che sia finita la notte del 24 agosto".

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