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Gli “Audaci Boys”, quando una carrozzina aiuta dei ragazzi disabili a fare canestro

A Torre Maura è nata due anni fa una realtà sportiva. Si tratta degli “Audaci Boys”, ragazzi del basket in carrozzina che si allenano proprio a Roma Est. Grazie ai metodi di Moreno Paggi, allenatore e presidente della squadra, sono riusciti ad andare oltre la disabilità, sognando di diventare come Micheal Jordan.
A cura di Tommaso Franchi
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Si tengono per mano, stretti in un cerchio simbolico. Le ruote delle carrozzelle si scontrano tra di loro, ma non rappresentano un ostacolo. Si spostano, si sistemano e riescono ad abbracciarsi, per poi urlare tutti insieme il loro nome. Sono gli "Audaci Boys", cestisti in carrozzina. In questi giorni hanno attirato l'attenzione per un semplice motivo: si allenano a Torre Maura, distretto finito sotto i riflettori per i recenti fatti. I ragazzi pensano solo al basket e al ruolo che devono ricoprire in campo, spingendo con le mani sulle ruote: ogni tanto si sente lo stridio delle carrozzine sul parquet della palestra della scuola Giovanni Falcone, ma questo non distrae gli spettatori. Sugli spalti sono tutti colpiti dai ragazzi e dai loro movimenti: alcuni usano un solo braccio, ma provano a usare anche l'arto fermo da tempo. Altri scelgono un ruolo, dal playmaker al pivot, per poi cercare di aiutare gli altri compagni. Insieme si divertono, ridono e scherzano, senza vedere la loro carrozzina come un limite.

"La mia esperienza a servizio dei ragazzi"

"È un modo per azzerare le disabilità attraverso la sport terapia". Così Moreno Paggi ci descrive il fine ultimo di questa realtà sportiva. Lui è il presidente e allenatore degli "Audaci Boys", che ufficialmente rappresentano la SS Lazio BIC (Basket in carrozzina). Due anni fa ebbe l'idea di donare a questi ragazzi un sogno, un obiettivo e una possibilità di mettersi in gioco, senza allontanarsi dalla sua Torre Maura. "Grazie al basket in carrozzina – ci spiega Paggi – i ragazzi si mettono in gioco costantemente. Prima non uscivano di casa, ora non vogliono andare via dal campo". Un percorso partecipativo, che mette i giocatori oltre le loro disabilità. Molti di loro non riescono a muovere alcune parti del corpo, ma in campo sembra che se ne dimentichino. Se prima usavano solo un braccio ora provano a stimolare anche l'altro, talmente tanta la voglia di fare canestro. Ragazzi vogliosi di giocare, che fino a poco tempo fa erano relegati in casa davanti a uno schermo, mentre adesso hanno abbandonato le pareti della loro stanza per scendere in campo. Alcuni vogliono fare come Michael Jordan, provando a tirare da fuori area. Altri si ispirano alle mosse Kobe Bryant, ma tutti hanno lo stesso sogno: giocare a basket per sempre, sfidando la sorte avversa a suon di triple e tiri liberi.

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