video suggerito
video suggerito

Gli “Audaci Boys”, quando una carrozzina aiuta dei ragazzi disabili a fare canestro

A Torre Maura è nata due anni fa una realtà sportiva. Si tratta degli “Audaci Boys”, ragazzi del basket in carrozzina che si allenano proprio a Roma Est. Grazie ai metodi di Moreno Paggi, allenatore e presidente della squadra, sono riusciti ad andare oltre la disabilità, sognando di diventare come Micheal Jordan.
A cura di Tommaso Franchi
224 CONDIVISIONI
Immagine

Si tengono per mano, stretti in un cerchio simbolico. Le ruote delle carrozzelle si scontrano tra di loro, ma non rappresentano un ostacolo. Si spostano, si sistemano e riescono ad abbracciarsi, per poi urlare tutti insieme il loro nome. Sono gli "Audaci Boys", cestisti in carrozzina. In questi giorni hanno attirato l'attenzione per un semplice motivo: si allenano a Torre Maura, distretto finito sotto i riflettori per i recenti fatti. I ragazzi pensano solo al basket e al ruolo che devono ricoprire in campo, spingendo con le mani sulle ruote: ogni tanto si sente lo stridio delle carrozzine sul parquet della palestra della scuola Giovanni Falcone, ma questo non distrae gli spettatori. Sugli spalti sono tutti colpiti dai ragazzi e dai loro movimenti: alcuni usano un solo braccio, ma provano a usare anche l'arto fermo da tempo. Altri scelgono un ruolo, dal playmaker al pivot, per poi cercare di aiutare gli altri compagni. Insieme si divertono, ridono e scherzano, senza vedere la loro carrozzina come un limite.

"La mia esperienza a servizio dei ragazzi"

"È un modo per azzerare le disabilità attraverso la sport terapia". Così Moreno Paggi ci descrive il fine ultimo di questa realtà sportiva. Lui è il presidente e allenatore degli "Audaci Boys", che ufficialmente rappresentano la SS Lazio BIC (Basket in carrozzina). Due anni fa ebbe l'idea di donare a questi ragazzi un sogno, un obiettivo e una possibilità di mettersi in gioco, senza allontanarsi dalla sua Torre Maura. "Grazie al basket in carrozzina – ci spiega Paggi – i ragazzi si mettono in gioco costantemente. Prima non uscivano di casa, ora non vogliono andare via dal campo". Un percorso partecipativo, che mette i giocatori oltre le loro disabilità. Molti di loro non riescono a muovere alcune parti del corpo, ma in campo sembra che se ne dimentichino. Se prima usavano solo un braccio ora provano a stimolare anche l'altro, talmente tanta la voglia di fare canestro. Ragazzi vogliosi di giocare, che fino a poco tempo fa erano relegati in casa davanti a uno schermo, mentre adesso hanno abbandonato le pareti della loro stanza per scendere in campo. Alcuni vogliono fare come Michael Jordan, provando a tirare da fuori area. Altri si ispirano alle mosse Kobe Bryant, ma tutti hanno lo stesso sogno: giocare a basket per sempre, sfidando la sorte avversa a suon di triple e tiri liberi.

224 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views