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Festa della Liberazione: a Roma il 25 aprile della discordia

Cosa ci raccontano le polemiche sul corteo romano del 25 aprile romano dell’Anpi? Se la memoria non è mai condivisa ma un terreno di battaglia, ora la Resistenza e la sua storia rischia di passare in secondo piano.
A cura di Valerio Renzi
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Cosa ci raccontano le polemiche sul corteo romano del 25 aprile romano dell'Anpi? Da una parte la Comunità Ebraica e l'Aned (l'associazione che raccoglie gli ex partigiani), che si tirano indietro dalla partecipazione, a causa della temuta contestazione da parte di alcuni settori della sinistra antagonista a cui la presenza della bandiera israeliana non va proprio giù. Pacifici, il numero uno della Comunità Ebraica romana invece di calmare le acque getta benzina sul fuoco: "La bandiera palestinese non c'entra nulla, all'epoca stava dalla parte sbagliata". I partigiani provano la mediazione: palestinesi e rappresentanti della Brigata Ebraica sfilino assieme. Ma non c'è nulla da fare: l'Anpi rinuncia al corteo e oggi si è limitata ad un presidio in piazza di Porta San Paolo, dove la resistenza romana l'8 settembre del 1943 ebbe il suo battesimo del fuoco. Alla fine collettivi e centri sociali sfilano uguale fino al Ponte di Ferro, dove i nazisti trucidarono 10 donne che chiedevano il pane.

Per anni il 25 aprile è stato celebrato dalle istituzioni come la data dell'unità nazionale, il compimento di quel lungo percorso iniziato con il Risorgimento. Certo, la storia non è mai condivisa, e oltre alla memoria dei repubblichini vinti e delle formazioni politiche eredi di Salò per cui il 25 aprile era una data di lutto, c'erano anche le tensioni provenienti dalla sinistra che sedeva fuori dal parlamento e dalla memoria della lotta partigiana. In questo caso il 25 aprile era una vittoria "monca", tradita dalla sinistra istituzionale che aveva fatto l'amnistia per i fascisti e che aveva disarmato i partigiani. Il mito "guerrigliero" della Resistenza il cui eco arrivo fino ad oggi.

Poi con la Seconda Repubblica e la scomparsa delle forze politiche che trovavano la propria legittimazione, in un modo o in un altro, nel mito fondativo della guerra ai nazifascisti, della libertà ritrovata, hanno messo nuovamente in tensione la ricorrenza della Liberazione. I postfascisti compiono la loro lunga marcia all'interno delle istituzioni e storcono il naso, e anche a sinistra si prova la "riconciliazione nazionale" e qualcuno gioca la carta della "memoria condivisa". Ora Salvini liquida la questione con un "non sono anti", dando a intendere che lui quella parola, "antifascista" non la pronuncerà mai.

L'assenza della Brigata Ebraica alle celebrazioni di Porta San Paolo e le contestazioni avvenute a Milano impoveriscono la giornata. E se la memoria è sempre un campo di battaglia, negare il contributo di quei partigiani alla Resistenza non solo non porta nulla alla causa del popolo palestinese, rafforzando chi vuole l'equivalenza tra Comunità Ebraiche e Israele, ma aiuta chi vuole svuotare il 25 aprile di qualsiasi valenza politica, riducendolo a poche frasi di circostanza. 

E la memoria della Resistenza? Sempre più atrofizzata ed ingessata nelle commemorazioni. Per fortuna c'è chi la coltiva quartiere per quartiere, i tanti circoli Anpi e associazioni sparsi per la città che organizzano visite alle lapidi dei partigiani e delle donne uccise durante le rivolte per il pano, raccontando le storie di quei nomi, la brutalità dell'occupazione nazista e cosa è stato il fascismo.

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