È successo tutto di notte e gli investigatori non hanno ancora chiarito le motivazioni dell'attacco. Però ci sono alcuni aspetti che vale la pena di sottolineare: la libreria "La Pecora elettrica" (che è una libreria ma anche un bistrot) è un luogo dichiaratamente antifascista che fin dalla nascita ha organizzato presentazioni e eventi con una chiara impronta politica. Potrebbe voler dire tutto o potrebbe non voler dire niente ma di certo ci vuole fegato, a Roma, nel quartiere Centocelle, aprire un polo culturale e una rivendita di libri in questi tempi in cui la cultura (e l'aggregazione culturale) viene vista come un pericolo (vi ricorda qualcosa? Sì, sono le cose che erano vietate in quei tempi lì) e viene osteggiata in tutti i modi.
La "Pecora elettrica" non è solo un esercizio commerciale ma soprattutto una comunità, come spesso accade, che si riunisce quotidianamente. E l'effetto dell'attacco incendiario (che, dicono i proprietari, ha provocato ingenti danni, ha ottenuto il risultato opposto. Insomma, questi non hanno ancora capito che se c'è un modo per cementare e rendere ancora più coesa una comunità che sta intorno a una libreria e proprio attaccarla con la stessa codardia che hanno usato loro.
A Centocelle è già partita una gara di solidarietà che coinvolge non solo gli abitanti del quartiere ma anche i colleghi librai, gli scrittori, semplici cittadini che non sopportano e non hanno nessuna intenzione di sopportare gli attacchi alla cultura in ognuna delle sue forme. Gli abitanti del quartiere hanno aperto una sottoscrizione per recuperare i soldi che servono per ripristinare il locale e soprattutto hanno già dato la propria disponibilità per riempirlo ancora di più, ancora più forte.
Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: oggi tutti conoscono (e mi auguro, passeranno) il coraggio di chi ha deciso di aprire un presidio culturale in questi tempi in cui biblioteche e luoghi di cultura vengono chiusi senza ritegno oppure vengono lasciati soli. L'effetto contrario (la vicinanza, la disponibilità e l'affetto) dimostra che non siamo il Paese che qualcuno si ostina a dipingere ma abbiamo un'ampia fetta di resistenza culturale che non cade nel tranello del cattivismo e della banalizzazione. In questi giorni, in mezzo al marasma delle provocazioni e dei danneggiamenti, non possiamo non dedicare un pensiero dolce ai folli che hanno deciso di mangiare con la cultura e resistere alla prepotenza. È dolorosa, certo, ma è una storia bellissima.