video suggerito
video suggerito

Desecretata la relazione prefettizia: il Comune di Roma poteva essere sciolto per mafia

La relazione prefettizia di accesso agli atti, incaricata di verificare la possibilità o meno dello scioglimento di Roma Capitale per infiltrazione mafiosa, è stata desecretata e resa pubblica. Il giudizio, dopo 835 pagine è netto: l’attività del Comune di Roma era pesantemente infiltrata e condizionata da attività mafiose, tanto da ravvisare gli estremi dello scioglimento.
A cura di Valerio Renzi
427 CONDIVISIONI
Video thumbnail
Immagine

Come chiesto a gran voce da più parti, la relazione prefettizia di accesso agli atti, incaricata di verificare la possibilità o meno dello scioglimento di Roma Capitale per infiltrazione mafiosa, è stata desecretata e resa pubblica. Un testo di 835 pagine redatto per verificare se, all'indomani della scoperta del sistema di mafia capitale, esistessero gli estremi o meno di applicare l'ex articolo 143 comma 2 del testo unico sugli enti locali, quello che appunto rende possibile sciogliere un organo eletto laddove si ravvisi il condizionamento della cosa pubblica a interessi mafiosi.

E la risposta dell'inchiesta firmata dal Prefetto Marilisa Magno, dal funzionario Massimiliano Bardani e dal viceprefetto Enzo Caporale è chiara: il Comune di Roma poteva essere sciolto per infiltrazione mafiosa. Un condizionale d'obbligo: la scelta era nelle mani del ministro degli Interni Angelino Alfano che ha invece deciso di procedere con l'affidamento di poteri straordinari di controllo al prefetto Franco Gabrielli e al commissariamento di singoli dipartimenti e del municipio di Ostia. Ecco come si conclude la lunga disamina della Commissione:

Dalle considerazioni che precedono si desume come i gravi fenomeni di condizionamento della vita politico-amministrativa dell'Ente abbiano indebolito i presidi di legalità di Roma Capitale. Conseguentemente è doveroso sottoporre quanto sopra alle valutazioni degli Organi Istituzionali competenti all'adozione delle misure e dei presidi che, a tal fine, il Legislatore ha prefigurato con l'articolo 143 novellato nel Testo Unico degli Enti Locali.

E qualche pagina prima si può leggere:

Le risultanze info-investigative riportate nella presente relazione, scaturite dalle attività di accertamento svolte dalla Commissione di indagine tratteggiano un quadro probatorio fondato su elementi concreti univoci e rilevanti che evidenzia la capacità del sodalizio di condizionare la regolarità gestionale degli attivi amministrativi comunali e la libera determinazione degli organi elettivi e di rappresentanza, dati che sicuramente offrono solido fondamento all'ipotesi di ritenere che i principi di democraticità di Roma Capitale siano fortemente compromessi. 

La relazione ripercorre soprattutto i passi dell'ordinanza dell'inchiesta "Mondo di mezzo" della Procura di Roma, oltre che la relazione della Ragioneria di Stato, passando in rassegna fatti per lo più noti e commentandoli con una robusta dose di riferimenti giurisprudenziali: nessuna "bomba" che ne avrebbe dovuto determinare quindi la segretezza, solo, si fa per dire, quella valutazione finale che pesa come un macigno.

Mafia Capitale è mafia a tutti gli effetti

Per prima cosa la relazione insiste sul carattere mafioso del sodalizio che vedeva al vertice Massimo Carminati e Salvatore Buzzi. Anche se non si tratta delle mafie tradizionali (come Camorra o ‘ndrangheta), secondo la commissione d'accesso agli atti ci sono tutti gli elementi che consentono di individuare un'organizzazione criminale di stampo mafioso tranne uno: il controllo del territorio. Questo perché mafia capitale appare come mafia liquida, che si muove tra piani diversi mettendoli in collegamento, e il territorio che punta a controllare sono proprio i nessi di potere, i gangli decisionali dell'amministrazione.

La debolezza della pubblica amministrazione

Ravvisato il carattere propriamente mafioso del sistema di mafia capitale, la commissione passa in rassegna la pubblica amministrazione. E qui il giudizio è impietoso: passo per passo vengono ricostruiti appalti e nomine inquinati e determinati da interessi economici e politici. Ad essere messa sotto accusa è si una parte rilevante della macchina amministrativa, ma soprattutto lo stesso sistema che, procedendo con regole e modalità scarsamente trasparenti abusando di strumenti emergenziali, avrebbe permesso l'infiltrazione di interessi criminali. Una pubblica amministrazione debole, facile da condizionare e infiltrare.

Mafia Capitale: Ostia, un caso esemplare

Grande rilevanza nel testo redatto dalla commissione ha poi il caso Ostia, come paradigma di controllo delle istituzioni locali da parte delle organizzazioni mafiose e della pervasività del sistema criminale: non a caso proprio il X Municipio, quello di Ostia, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. A fare particolarmente gola alla criminalità organizzata sono gli arenili, ma anche l'assegnazione dei bandi pubblici per la manutenzione. Ad Ostia mafia capitale incontra gli interesse e si spartisce l'influenza con le mafie tradizionali: non è un caso che la prima inchiesta che ha visto utilizzare il reato 416 bis (associazione a delinquere di stampo mafioso) abbia avuto al centro proprio Ostia con l'operazione "Nuova Alba". Un condizionamento così pesante da aver raggiunto non solo singoli esponenti politici e funzionari pubblici, ma lo stesso presidente Andrea Tassone coinvolto nel secondo filone d'inchiesta.

427 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views