Delitto di Arce: minacce a uno degli investigatori protagonisti della svolta su Serena Mollicone
Si terrà il prossimo 13 novembre l'udienza per il rinvio a giudizio delle cinque persone accusate dell'omicidio di Serena Mollicone. A dieci giorni dalla possibile svolta processuale nell'inchiesta sul delitto di Arce, gravi e plateali minacce sono arrivate per uno dei protagonisti delle indagini. Una scritta a caratteri cubitali è comparsa sul cavalcavia dell'autostrada Roma-Napoli tra Cassino e Pontecorvo. "Morte presto per…", a segnalare la scritta diversi automobilisti. La scritta è stata immediatamente rimossa.
Sul gesto è stata aperta un'indagine, per stabilire chi e perché abbia vergato la minacciosa scritta in autostrada, con l'evidente obiettivo di essere notato. E la coincidenza con l'avvicinarsi dell'udienza appare inquietante. Il carabiniere il cui nome è comparso sull'A1 è stato uno dei principali protagonisti delle indagini che hanno portato all'incriminazione per omicidio del maresciallo dell'Arma Franco Mottola, che comandava la stazione dei carabinieri di Arce all'interno della quale Serena sarebbe morta, assieme alla moglie Anna Maria, al figlio Marco Mottola e al maresciallo Vincenzo Quatrale. Coinvolto anche Francesco Suprano, appuntato della caserma che deve rispondere dell'accusa di favoreggiamento.
Il delitto di Arce
Il corpo senza vita di Serena Mollicone è stato ritrovato il 3 giugno del 2001 nei boschi nei dintorni di Arce (Frosinone). Era morta da due giorni, attorno al collo aveva un sacchetto di plastica e aveva mani e piedi legati. Per anni le indagini non sono arrivate a individuare il colpevole della morte della 18enne, facendone uno dei "misteri" più noti d'Italia anche per l'instancabile battaglia del papà di Serena per conoscere la verità.
La svolta nell'inchiesta sull'omicidio di Serena Mollicone
La svolta è arrivata con l'ausilio di nuove tecniche di scienza forense che hanno consentito agli inquirenti di stabilire il luogo dell'omicidio nella caserma di Arce, sviluppando un nuovo quadro investigativo. Secondo l'accusa Serena avrebbe avuto una violenta discussione con Marco Mottola, che l'avrebbe spinta facendogli sbattere con violenza la testa. La ragazza accusava il figlio dell'ufficiale dei carabinieri di gestire un traffico di stupefacenti. Successivamente i genitori di Marco, avrebbero partecipato al trasporto nel bosco credendola morta ma, quando si sono resi conto che era ancora viva, non avrebbero esitato a stringerle un sacchetto intorno al collo per strangolarla. Da quel momento sarebbe iniziata una catena di omissioni e bugie per coprire quello che era accaduto.
Il "mistero" degli organi spariti
Di recente la superperizia sul corpo della ragazza ha fatto aprire un nuovo "mistero" sul caso. Sarebbe emerso infatti come alcuni organi, in particolare i genitali, sarebbero spariti dopo la prima autopsia eseguita sul corpo di Serena, facendo così avanzare il sospetto che la giovane sia stata anche violentata, come denunciato anche dal padre di Serena.