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Covid 19

Terapie intensive al collasso: trasferiti già due pazienti da Lombardia a Roma

Gli ospedali lombardi sono al collasso a causa dell’allerta coronavirus, tanto che un paziente di Brescia che necessita della terapia intensiva è stato trasferito oggi nel Lazio per le cure. “La scelta è tra l’80enne e il 70enne, o meglio, la scelta è tra chi ha una condizione tale da avere maggiori margini di recupero e chi non ce l’ha”, ha dichiarato Galli, primario del Sacco di Milano.
A cura di Natascia Grbic
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Aumentano i casi di coronavirus in Italia, e con essi i pazienti che necessitano della terapia intensiva. Soprattutto in Nord Italia le strutture sanitarie sono fortemente sotto pressione, il personale lavora senza sosta ma si sta delineando all'orizzonte uno scenario preoccupante. Quello delle terapie intensive al collasso. Oggi è stato trasferito nel Lazio il secondo paziente da Brescia che necessita di terapia intensiva. Si tratta di casi non positivi di coronavirus, ma che comunque hanno bisogno di assistenza per altre patologie. Lo ha comunicato l'assessore alla Sanità e l'integrazione sociosanitaria della Regione Lazio Alessio D'Amato. "Stiamo trasferendo un paziente post operatorio da Brescia che necessita di terapia intensiva – ha spiegato – Il trasporto è stato eseguito dall'Ares 118 affinché si possano liberare posti di terapia intensiva. Si tratta del secondo trasferimento che eseguiamo dal nord Italia". In tutto il Lazio gli ospedali stanno aumentando i posti letto in terapia intensiva, mentre il Gemelli ha dedicato l'intero complesso Columbus alla cura del coronavirus. La struttura sarà totalmente efficace a partire dal 30 marzo.

La situazione negli ospedali lombardi è già drammatica tanto che, secondo quanto riportato dal primario infettivologo dell'Ospedale Sacco di Milano Massimo Galli a ‘Unomattina', "alcuni colleghi già scelgono tra i pazienti". "Temo che, in alcune delle realtà lombarde, questo momento sia già arrivato. Temo che, in alcune situazioni, i miei colleghi siano costretti a fare delle scelte. Io sono sì in un ospedale di prima linea, ma in una condizione di addestramento che avviene da parecchio tempo. Eravamo uno dei due centri di riferimento italiani per questo tipo di emergenze, per cui avevamo anche tutta una serie di programmi, di protocolli da applicare previsti per situazioni di questo genere, non certo con una scala di questo tipo. Questa è una scala che supera ogni previsione, che in precedenza è stata fatta. Forse, c'è un solo Paese al mondo che si è preparato a qualsiasi genere di catastrofe, che credo sia Israele. A parte questo, non credo ci sia sistema sanitario al mondo che potesse avere una preparazione reale per un problema di questa scala. In alcuni ospedali lombardi siamo nella condizione, purtroppo, di dover operare delle scelte. Questo è quello che traspare dalle situazioni di ogni giorno". Alla domanda di precisazione da parte del conduttore Roberto Poletti, Galli ha ribadito: "la scelta è tra l'80enne e il 70enne, o meglio, la scelta è tra chi ha una condizione tale da avere maggiori margini di recupero e chi non ce l'ha. Ripeto: è una scelta che, almeno per quanto mi costa, da me e da noi non è ancora imposta. Ci sono state altre situazioni in cui l'emergenza poteva porre la necessità di dire ‘tu sì, tu no', nell'immediato. È il discorso tipico di determinate situazioni belliche, sul ferito che può farcela, rispetto a quello che invece ha meno probabilità. Questa è una situazione che non avremmo mai voluto avere e che, in questo momento, si sta proponendo".

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