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Covid 19

Come è cambiata la strategia del Lazio sui tamponi per il coronavirus

La Regione Lazio ha intrapreso la strada di aumentare i tamponi sulla popolazione per prevenire e mappare il contagio. Uno sforzo che è appena all’inizio. Il Lazio è poi determinato a utilizzare su tutta la popolazione i test rapidi in fase di sperimentazione: un’arma indispensabile per prevenire nuove ondate epidemiche.
A cura di Valerio Renzi
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Seimila tamponi in più tra il 1 e il 2 aprile, quasi ottimila tra il 7 e l'8 aprile. La Regione Lazio ha scelto come strategia di contenimento del coronavirus a medio termine un aumento della capacità di fare tamponi alla popolazione a rischio. I numeri sono ancora lontani dalle regioni in emergenza: nel Lazio sono stati eseguiti al 9 aprile 58.107 tamponi, contro gli oltre 170.00 di Lombardia e Veneto, dove però i visti i numeri del contagio non sembrano riuscire ad avere una capacità di contenimento e mappatura del contagio arrivando troppo spesso a conclamare il virus nei pazienti già ospedalizzati. In Emilia Romagna i tamponi eseguiti a ieri stati invece poco più di 65.000, ma il Lazio accorcia le distanze rispetto la settimana precedente, pur rimanendo la quarta regione italiana per numero di tamponi. Un numero alto in maniera relativa, visto che i tamponi eseguiti su un singolo paziente sono più di uno e vengono eseguiti per dichiarare i pazienti "negativizzati", ovvero guariti, ma di molto superiore a una regione come la Campania che come numero di contagiati e di popolazione è molto simile al Lazio, ferma a 29.664 tamponi. Ma il numero ha visto una crescita costante e significativa negli ultimi 15 giorni, come si può vedere dal grafico.

 

Nicola Zingaretti, nel corso di una conferenza stampa tenuta in streaming, ha spiegato che si sta producendo uno "sforzo enorme" per l'ampliamento della capacità eseguire ed analizzare i tamponi per individuare il Covid-19. Ultima novità il test eseguito direttamente in macchina dagli operatori sanitari per i cittadini monitorati e sospetti positivi che possono guidare. Un sistema già adottato per esempio a Bologna, un modo per evitare che il personale medico debba andare di casa in casa producendo un considerevole risparmio di tempo e di risorse, oltre a centralizzare tutte le operazioni.

 
 

La Regione Lazio sta inoltre spingendo per la sperimentazione del test sierologico (ovvero eseguito sulle analisi del sangue), di cui si parla anche come test rapido, che permette di stabilire chi ha già contratto il virus e chi no, avendo così un'idea reale dell'estensione dell'epidemia, scoprendo anche tutti quegli asintomatici e paucisintomatici che sono stati vettori di contagio loro malgrado. L'assessore Alessio D'Amato ha affermato di volerlo somministrare quanto prima a tutti e 6 i milioni abitanti della Regione Lazio. Uno sforzo davvero enorme che sembra difficile da sostenere senza un coordinamento e un'indicazione nazionale, che è attesa a breve almeno per quanto riguarda la sperimentazione come spiegato oggi dallo stesso D'Amato.

La mappatura della popolazione tra chi è entrato in contatto e chi non è entrato in contatto potrebbe essere utile non tanto per uscire dall'attuale stato d'emergenza e dalle misure di contenimento, quanto per impedire nuove ondate di contagio nei prossimi mesi in attesa del vaccino. Una sperimentazione è già in corso allo Spallanzani e al Policlinico di Tor Vergata, e il test rapido è stato somministrato agli abitanti della zona rossa di Nerola, circa 3000 abitanti, per verificarne l'efficacia, e poi nella capitale. Ieri la Regione Lazio ha dato anche il via libera ai test seriologici a pagamento negli ospedali privati, purché il costo sia contenuto nei limiti indicati e che l'informazione sulla sua funzione e affidabilità sia corretta.

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