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Caso Luca Varani, i pm: “Il 23enne è morto per le sevizie, non per la coltellata al cuore”

Emergono diverse contraddizioni tra le testimonianze di Marco Prato e Manuel Foffo, accusati di aver torturato e ucciso Luca Varani. Rimpallo di accuse tra i due complici su chi abbia sferrato la coltellata finale e su chi abbia “condotto” il gioco conducendo l’altro a uccidere.
A cura di Valerio Renzi
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Update 15.40: Secondo la procura, Luca Varani non sarebbe morto per la coltellata al cuore da uno dei suoi assassini, ma a causa delle torture subite nelle ore precedenti. Anche senza l'ultima coltellata, il 23enne, sostengono i pm, non avrebbe avuto scampo.

Sono stati sentiti ieri dal Giudice per le indagini preliminari Riccardo Amoroso e dal pm Francesco Scavo, Marco Prato e Manuel Foffo che, al culmine di un festino a base di coca e alcol, hanno ucciso e torturato il 23enne Luca Varani in un appartamento in via Igino Giordani, nel quartiere Colli Aniene a Roma. Foffo, consegnatosi ai carabinieri lo scorso sabato, dopo aver confessato l'orrore a cui aveva partecipato al padre, ha in sostanza confermato le dichiarazioni già rese.

Tra le testimonianze dei due complici ci sono diverse incongruenze, non tanto su quanto accaduto, ma su chi sarebbe stata la personalità "dominante" durante le ore di torture di Varani e sul colpo mortale inferto alla loro vittima: una coltellata al cuore. L'avvocato di Foffo, Michele Andreano all'uscita dall'interrogatorio ha dichiarato: "Manuel ha confermato che è stato Marco a dare il colpo finale e lo ha ribadito oggi con dovizia di particolari". Una tesi controbattuta da Pasquale Bartolo, secondo cui non sarebbe stato il suo assistito "ad infliggere il colpo finale, la coltellata al cuore a Varani", bensì Foffo.

Se Foffo ha da subito raccontato che a condurre il gioco sarebbe stato l'amico. Per Manuel è Marco a inviare gli sms per invitare nuove persone al loro festino, è sempre il complice a versare l'Alcover nel bicchiere di Luca per farlo svenire, ed è Marco a dichiarargli la sua sentenza di morte: "Abbiamo deciso di ucciderti". Molto diversa la storia raccontata da Marco Prato, secondo quanto riportato da il Messaggero: È stato lui a colpire al cuore Varani. Lui a ucciderlo senza pietà mentre Luca si lamentava e chiedeva di non morire. Voleva che partecipassi all’omicidio. Io ho provato a stringere le mani intorno al collo della vittima, ma non ci sono riuscito, e allora Foffo gli ha tagliato le corde vocali per paura che gridasse. Ave- vo pietà per quel ragazzo, ho preso un piumino e l’ho coperto. Poi Manuel è sceso al piano di sotto dove abita la madre che era in casa. Era tutto sporco di sangue. Ha preso degli stracci e mi ha costretto a pulire. Mi trattava come una femminuccia. Io gay e lui che si dichiarava etero".

Provano ad alleggerire la propria posizione i due, scaricandosi le responsabilità maggiori l'uno sull'altro. I legali chiederanno, come già annunciato, una perizia psichiatrica per i propri assistiti, puntando a dimostrare che la droga abbia alterato la loro percezione di comprendere cosa facevano in un delirio psicotico. I magistrati invece continuano ad acquisire elementi per confermare o meno l'accusa di omicidio premeditato. Intanto i due complici, che si dicono pentiti e distrutti per quanto compiuto, rimangono in cella.

L'omicidio di Luca Varani

Non è un fatto di cronaca come gli altri. Come sia possibili che due figli della "Roma bene", famiglie normali e tante opportunità abbiano compiuto un omicidio così efferato, interroga da giorni le coscienze di tutti. Uccidere "per vedere che effetto fa". Si parla di alcol e droga consumati per ora, fino a far perdere di lucidità ai due amici e, almeno in un'occasione, amanti. Manuel Foffo è uno studente fuori corso, ammette di aver avuto il desiderio in passato di fare del male, ma la sua storia giudiziaria è immacolata. Marco Prato è un giovane viveur, organizza eventi, cerca visibilità nel mondo notturno della Capitale, passa da un'aperitivo ad una serata: socievole ma soggetto a scatti d'ira, ma per chi lo conosceva non certo un assassino. Eppure qualcosa nella mente dei due deve essere scappato per attirare un ragazzo di 23 anni in una trappola, stordirlo e poi torturarlo per ore fino ad ucciderlo.

Restano poi le domande della famiglia di Luca, distrutta da una fine insensata per quel figlio con una vita davanti, e la rabbia di Marta, la fidanzata di sempre, che non ci sta a veder descritto il fidanzato, vittima di un delitto atroce, con leggerezza sulle pagine dei quotidiani.

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