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Morte del carabiniere Mario Cerciello Rega a Roma

Carabiniere ucciso, anche il comandante della stazione Farnese ha mentito sulla pistola di Varriale

Andrea Varriale non è l’unico carabiniere che ha mentito sulla notte dell’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Al vaglio della procura militare potrebbe finire anche la posizione del comandante della stazione Farnese Sandro Ottaviani: sapeva che entrambi i militari erano disarmati.
A cura di Alessia Rabbai
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Proseguono le indagini della procura militare sull'omicidio di Mario Cerciello Rega, coordinate da Antonio Sabino. Al vaglio degli inquirenti potrebbe finire anche la posizione del comandante della stazione Farnese, Sandro Ottaviani, che, come riporta Il Corriere della Sera, ha mentito sull'arma di Andrea Varriale, il collega presente al fianco del vicebrigadiere la notte tra il 25 e il 26 luglio, quando sono accaduti tragici fatti. Lo scorso 1 agosto infatti a verbale Ottaviani ha dichiarato di aver ricevuto l'arma da Varriale mentre era al pronto soccorso dell'ospedale Santo Spirito, falso, perché la pistola, è ormai accertato si trovasse in caserma.

Nei confronti di Andrea Varriale, la procura militare ha aperto un  fascicolo per violata consegna, ossia, per aver cercato di recuperare lo zaino di Sergio Brugiatelli disarmato. Ora gli inquirenti dovranno cercare di capire perché il comandante della stazione Farnese abbia mentito, se per coprire il proprio militare per l'assenza della pistola in servizio o per nascondere contatti tra i carabinieri e gli spacciatori della zona.

Andrea Varriale indagato dalla procura militare

A smentire il fatto che Varriale abbia avuto con sé la pistola d'ordinanza sono cinque carabinieri intervenuti dopo l'accoltellamento ai quali Varriale avrebbe detto si trovasse in caserma. Durante le indagini è emerso come Varriale aveva in un primo momento dichiarato di non avere con sé la pistola al momento dell'incontro con i due diciannovenni americani Christian Gabriel Natale Hjort e Finningan Lee Elder, confessione fatta successivamente anche davanti al procuratore Michele Prestipino: nonostante fossero in servizio e nonostante stessero compiendo un'operazione in borghese, nessuno dei due militari era armato. Al vaglio della procura militare anche le prime dichiarazioni rese da Varriale, a cominciare dal perché in un primo momento avesse descritto gli aggressori come due cittadini nordafricani.

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