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Ancora irrintracciabile la mamma del bimbo di 2 mesi morto in culla nel ghetto di Ardea

La giovane mamma di 21 anni aveva lasciato il figlio nato da due mesi alle cure di una donna, anche lei residente nel ‘Serpentone’ di Ardea, un complesso abusivo occupato da centinaia di persone, per recarsi in Francia dal padre del bambino che non l’avrebbe riconosciuto. L’ipotesi più accreditata è quella del soffocamento in culla per un rigurgito.
A cura di Redazione Roma
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Una parte del complesso Lido le Salzare occupato abusivamente
Una parte del complesso Lido le Salzare occupato abusivamente

Non è ancora stata rintracciata la madre del bambino di soli due mesi morto in culla in un appartamento occupato al ‘Serpentone' di Ardea, comune sul litorale a sud di Roma. Quando i carabinieri del comando di Anzio hanno effettuato il sopralluogo nel luogo dove il piccolo è stato trovato senza vita, hanno trovato un ambiente fortemente degradato. Il neonato era stato affidato da alcuni giorni a una donna di 63 anni, anche lei residente nel complesso del Lido Le Salzare, da tempo diventato rifugio di centinaia di persone in emergenza abitativa. La giovane mamma, una 21enne di nazionalità romena, secondo quanto ricostruito si sarebbe recata all'estero per tentare di ricomporre una controversia con il padre del bambino che si trova in Francia, forse a Nizza, e si teme che ora possa non fare più ritorno in Italia per tenersi lontano da eventuali guai giudiziari. Sul corpicino del bambino è stata disposta l'autopsia che sarà eseguita al Policlinico di Tor Vergata, ma l'ipotesi più accreditata è che sia deceduto per un rigurgito nel sonno: sul corpo nessun segno apparente di violenza.

Il ghetto di Lido Le Salzare ad Ardea

Ora i riflettori si sono riaccesi sul ghetto di via Ancona, un'area al centro di un'infinito conflitto tra amministrazione e società immobilare. Un complesso costruito in gran parte abusivamente, diventato terra di nessuno e dove hanno trovato una casa centinaia di persone, che vivono spesso al confine tra la legalità e l'illegalità. I carabinieri hanno ascoltato diversi testimoni, amici e parenti della madre del piccolo, e ovviamente la donna alle cui cure era stato affidato la cui testimonianza è stata ritenuta attendibile dai carabinieri.

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