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Ancora guai per l’ex patron di Malagrotta Manlio Cerroni: dovrà affrontare un nuovo processo

Manlio Cerroni, assolto lo scorso novembre dall’accusa di associazione a delinquere, è stato nuovamente rinviato a giudizio dal gup di Roma nell’ambito di un’inchiesta sul malfunzionamento dei due impianti Tmb (trattamento meccanico biologico) che erano di sua proprietà, iil Malagrotta1 e il Malagrotta2, dal 2006 al 2013.
A cura di Enrico Tata
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Manlio Cerroni
Manlio Cerroni

Manlio Cerroni, l'ex patron della discarica romana di Malagrotta, dovrà affrontare un nuovo processo. È stato infatti rinviato a giudizio dal gup di Roma nell'ambito di un'inchiesta sul malfunzionamento dei due impianti Tmb (trattamento meccanico biologico) che erano di sua proprietà, iil Malagrotta1 e il Malagrotta2, dal 2006 al 2013. In pratica, stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Cerroni avrebbe ottenuto "un ingiusto profitto" quando Roma e provincia erano alle prese con una grave emergenza rifiuti. Con lui sono indagate altre sette persone: l'allora braccio destro di Cerroni, Francesco Rando, l'allora direttore tecnico dei due Tmb di Malagrotta, Paolo Stella, l'ex dg di Ama Giovanni Fiscon, Piero Giovi, l'ex presidente di Colari, Candido Saioni, l'ex dirigente del dipartimento Ambiente della Provincia di Roma, Claudio Vesselli, e Giuseppe Porcarelli. Diversi i reati contestati dai pm, dalla gestione abusiva di rifiuti all'abuso di ufficio fino alla frode in pubbliche forniture. Regione Lazio, Roma Capitale e Ama spa si sono costituite parti civili in questo processo. L'udienza è stata fissata per il 3 dicembre. Cerroni ha 92 anni e a breve ne compirà 93.

Cerroni assolto un anno fa dall'accusa di associazione a delinquere

A novembre il  ‘re della mondezza' romana è stato assolto dall'accusa di associazione a delinquere. Un processo durato quattro anni, con i giudici che hanno respinto tutte le richieste dei pm, che chiedevano, per Cerroni, una condanna a sei anni di reclusione. Alcune accuse sono cadute però per prescrizione. In lacrime l'ex patron di Malagrotta dopo la lettura della sentenza: "Non chiedevo un premio, ma il castigo no, dopo tutto quello che ho fatto nella vita e per Roma che ho amato tanto. Quante volte ho detto ‘ditemi, che io la sistemo'. Continuerò a fare quello che ho sempre fatto, voglio morire lavorando. Io so come abbiamo fatto, questo Paese era Amatrice, era nel '44 e nel '45. Cerco solo di lavorare, produrre, fare bene perché questo Paese ne ha bisogno".

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