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Ammanettate e stuprate a 14 anni, i due ventenni condannati a 6 anni di carcere

Mario Seferovic e Bilomante Maikon Halilovic sono accusati di aver stuprato due ragazzine di 14 anni in un boschetto del Collatino, periferia est di Roma. Le hanno ammanettate e le hanno stuprate su un materasso sporco. Un gesto eseguito con “estrema freddezza e determinazione unite a un’assoluta mancanza di scrupoli e a una non comune ferocia verso le vittime”.
A cura di Enrico Tata
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Mario Seferovic, uno dei due ragazzi condannati per lo stupro di due 14enni
Mario Seferovic, uno dei due ragazzi condannati per lo stupro di due 14enni

Dovrà scontare sei anni di carcere Mario Seferovic, mentre Bilomante Maikon Halilovic è stato condannato a cinque anni e sei mesi. I due ventenni rom sono accusati di aver stuprato due ragazzine di 14 anni in un boschetto del Collatino, periferia est di Roma. Le hanno legate mani e polsi e violentate su un materasso sporco sistemato dietro a un pozzo nascosto tra gli alberi. Un gesto eseguito, secondo quanto scrisse nell'ordinanza di custodia il gip Costantino De Robbio, con "estrema freddezza e determinazione unite a un'assoluta mancanza di scrupoli e a una non comune ferocia verso le vittime".

Per Alessio il Sinto e Cristiano, questi i soprannomi dei ragazzi, il procuratore aggiunto Maria Monteleone aveva chiesto una condanna a dieci anni. Il gup, al termine di un processo svolto con il rito abbreviato, ha deciso per una pena minore, anche se il giudice ha disposto una misura di sicurezza di un anno da applicare al termine della pena. I due dovranno informare le autorità di polizia dei loro spostamenti. Secondo i pm l'episodio del 10 maggio 2017 era destinato a ripetersi "in coerenza con una personalità incline alla sopraffazione e al brutale soddisfacimento di istinti di violenza". I due ragazzi hanno mandato messaggi alle 14enni, le hanno corteggiate su Facebook e hanno fissato con loro un appuntamento in un luogo isolato, un campo utilizzato dalle prostitute per i loro incontri sessuali. Le hanno ammanettate e poi le hanno violentate. Proprio la presenza delle manette dimostra, secondo gli inquirenti,  "l'inequivocabile intento di farne uso per legare le vittime e impedire loro di fuggire durante lo stupro programmato". E "il ricorso a un complice demandato a sorvegliare l'accesso al vicolo per consentire la violenza carnale senza timore di essere interrotti e aumentare la paura nelle vittime, aggrava ulteriormente un fatto già di per sé estremamente allarmante".

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