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Diritto all’aborto, calano le interruzioni di gravidanza ma aumentano medici obiettori

Sabato 28 settembre si terrà a Roma la manifestazione per l’aborto libero e garantito. Perché a 41 anni dall’approvazione della legge 194 c’è ancora bisogno di scendere in piazza per esercitare un proprio diritto? Perché se le interruzioni di gravidanza sono in calo, lo sono anche le strutture che praticano gli aborti.
A cura di Natascia Grbic
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41 anni fa in Italia è stata approvata la legge 194, ma le donne continuano a scendere in piazza per vedersi garantire il diritto all'aborto. Perché? Quanto è facile interrompere una gravidanza nel Lazio? Non particolarmente dato che, stando ai dati Istat relativi al 2017 (quelli del 2018 sono ancora oggetto di studio) e presentati in Parlamento il 18 gennaio 2019, su 42 stabilimenti che hanno un reparto di ostetricia o ginecologia, si può praticare l'interruzione volontaria di gravidanza solo in 22. Senza contare che il numero di medici non obiettori di coscienza è in aumento non solo nel Lazio, ma in tutta Italia: la percentuale nazionale si attesta sul 68,4%. Un numero significativo, soprattutto considerando che molti di essi lavorano in ospedali pubblici. E se il trend degli aborti è in diminuzione rispetto agli anni passati, porre fine a una gravidanza per molte donne diventa un percorso complesso e psicologicamente estenuante.

Giornata mondiale per il diritto all'aborto, 28 settembre manifestazione a Roma

Proprio per ricordare che l'aborto deve essere libero e garantito a tutte le donne e la legge 194 rispettata, anzi, ampliata, il 28 settembre a Roma è stata lanciata dal movimento transfemminista Non Una di Meno una manifestazione che partirà alle 17 da San Cosimato. "Vogliamo la contraccezione gratuita e l'educazione sessuale nelle scuole – scrivono le attiviste in una nota – La maternità è una scelta, non un dovere verso la patria. Gli obiettori devono stare fuori da ospedali e consultori, e la pillola abortiva deve essere accessibile e senza ospedalizzazione. Vogliamo il ritiro immediato del Ddl Pillon: per fare tutto questo abbiamo bisogno di consultori, di centri antiviolenza e spazi femministi, di scuole, di piazze e strade liberate, di luoghi per costruire pratiche, fare cultura e trasformare ogni giorno l'esistente".

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