Il Comune di Roma non riesce a spendere i fondi a disposizione in bilancio ma inaugura un ufficio di scopo “innovazione per le politiche comportamentali”. Scopo dell’ufficio, ha spiegato la sindaca Virginia Raggi in conferenza stampa, è «applicare dei metodi scientifici economici, all’avanguardia, a comportamenti che tutti noi attuiamo nel quotidiano». Uno dei progetti sperimentali avviati dal Comune ha riguardato la risoluzione delle controversie tributarie e che, grazie all’adesione “spontanea” dei soggetti del gruppo di trattamento, avrebbe consentito il recupero di 7,5 milioni di euro per il Comune. Come? Utilizzando dei «nudge, delle spinte gentili» ad aderire alla definizione agevolata delle controversie. Scopo del progetto: da un lato semplificare le procedure e migliorare il rapporto tra amministrazione e cittadini, «cercando di dialogare in maniera trasparente, anche personalizzata», dall’altra «attraverso una modifica anche minima dei comportamenti, indurre dei cambiamenti nelle condotte».
Il nuovo ufficio nasce dopo l’assunzione, a febbraio scorso, di un esperto in economia comportamentale, il 26enne Federico Raimondi Slepoi, come consulente della sindaca per «sensibilizzare la cittadinanza a effettuare scelte positive e consapevoli soprattutto in materia di risparmio dell'energia e riciclo dei rifiuti» si legge nella delibera dello scorso gennaio. Compenso lordo: 55mila euro annui per insegnare ai romani a fare la differenziata.
Peccato che il Comune non ha fatto la sua parte. In primo luogo, proprio in tema di rifiuti, affrontando il nodo della carenza impiantistica per chiudere il ciclo dei rifiuti nella Capitale. Dei 30 milioni di euro approvati per investimenti in impianti per il 2016 sono stati spesi 700mila euro. Dello stanziamento di 38 milioni in impianti per il 2017 ne sono stati spesi 16; 18,8 quelli spesi sul totale di 88 milioni previsti per il 2018. La politica in tema di rifiuti si è basata su annunci più che su investimenti: “non chiamiamoli rifiuti, ma materiali post-consumo” suggeriva nel 2017 l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari presentando il Piano Operativo della giunta per portare Roma verso un’economia circolare a rifiuti zero. Un piano incentrato però su “azioni e progetti” come la promozione dell’acqua del rubinetto, dei pannolini riutilizzabili e delle stoviglie di ceramica. Risultato: i rifiuti sono aumentati, il costo del servizio è raddoppiato, i ricavi sono diminuiti, e Roma dovrà trovare un sito per una discarica. A sei anni dalla chiusura di Malagrotta Roma è ancora al punto di partenza, e ancora una volta si scarica ancora la responsabilità sui comportamenti individuali.
Sono 700 i milioni di euro non spesi dal Comune di Roma nel 2019. Le ultime variazioni al bilancio di previsione 2019-2021 hanno infatti evidenziato l’incapacità di spesa del Comune: «A fronte della disponibilità di un miliardo di euro per il 2019 per investimenti, solo il 16% dei fondi è stato impegnato», si legge in nota il gruppo capitolino del PD. Ad ammettere il fallimento, il consigliere Enrico Stefàno, che in una nota su Facebook addebitava i ritardi al normale iter delle procedure di gara e di esecuzione di opere. Non va meglio in tema di “buche” e manutenzione stradale: secondo il Codacons «negli ultimi anni il Comune di Roma avrebbe effettivamente speso per tali opere meno di quanto impegnato in bilancio: 108 milioni nel 2016 contro i 348 milioni impegnati; 155 milioni nel 2017 contro i 355 impegnati».
A necessitare di una “spinta gentile” sembra essere più questa amministrazione che i cittadini, quotidianamente alle prese con il collasso della città.