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Velletri, muore di peritonite non diagnostica in ospedale: medici a processo

I fatti risalgono all’estate del 2015, quando una donna di 71 anni morì dopo essere stata dimessa dall’ospedale di Velletri a causa delle complicazioni di una peritonite. Ora due medici sono a processo per omicidio colposo e con l’accusa di aver nascosto la cartella clinica della paziente dopo il processo, con l’obiettivo di “ritardare gli accertamenti sulle loro responsabilità”.
A cura di Redazione Roma
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Immagine di repertorio
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È il 24 luglio del 2015 quando una donna di 71 anni muore al pronto soccorso dell'ospedale di Velletri, in provincia di Roma. Due giorni prima era stata ricoverata a seguito di un malore, e dimessa con una diagnosi di crisi ipotensiva. Torna a casa ma le sue condizioni non migliorano e torna nuovamente in ospedale a bordo di un'ambulanza, morendo poche ore dopo. I familiari della signora sono convinti che la loro cara sarebbe ancora viva se i medici fossero stati più scrupolosi. Secondo l'autopsia infatti la donna è deceduta per "peritonite da perforazione di ulcerazione duodenale", che aveva provocato anche una gastroduodenite emorragica e una cardiopatia ischemica.

Ora due medici dell'ospedale di Velletri saranno giudicati per omicidio colposo, ma anche per soppressione di atto pubblico e falso ideologico, in quanto avrebbero secondo l'accusa fatto sparire la cartella clinica della donna. A ricostruire la vicenda di presunta malasanità è stata l'Adnkronos. Il processo ha preso le prime mosse lo scorso 15 gennaio, dopo il rinvio a giudizio decisa lo scorsa estate. I medici avrebbero "per negligenza, imprudenza e imperizia" provocato la morte della paziente, non avendo eseguito "un'anamnesi accurata, non eseguendo una tac e un'ecografia addominale" e "non disponendo il ricovero", come scriveva il giudice per le indagini preliminari motivando la scelta di sottoporre a giudizio i camici bianchi.

Una circostanza ulteriormente aggravata dall'ipotesi che i due avrebbero nascosto di proposito la cartella clinica della donna, occultando "un atto pubblico vero al fine di conseguire il vantaggio di impedire o comunque ritardare gli accertamenti in ordine alle loro responsabilità". I due dottori al momento hanno rispedito al mittente ogni accusa, anche in merito alla presunta sparizione della cartella clinica, sostenendo che non ci sia stato nessun dolo ma solo un "malinteso".

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