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Ultrà fatto a pezzi, trovata la casa dove è stato smembrato il corpo di Gabriele di Ponto

Gabriele Di Ponto, l’ultrà laziale ucciso quattro anni fa e il cui piede è stato ritrovato nell’Aniene da un pescatore, è stato prima ucciso in una macchina e poi fatto a pezzi in un appartamento di San Basilio. Gli inquirenti hanno trovato la casa, ma è stata completamente ripulita: risolvere l’omicidio è praticamente impossibile.
A cura di Natascia Grbic
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È stato prima ucciso in una macchina e poi fatto a pezzi in un appartamento di San Basilio per disfarsi più facilmente del corpo. È questo quanto emerso dalle indagini degli inquirenti per l'omicidio di Gabriele Di Ponto, l'ultras della Lazio ucciso quattro anni fa e la cui gamba è stata trovata da un pescatore nell'Aniene. L'abitazione è stata trovata dagli investigatori dopo che è stata completamente ripulita: e, nonostante il luminol non abbia dato risultati e non sia stata trovata nessuna traccia di sangue, sono convinti che è lì che Gabriele Di Ponto sia stato fatto a pezzi per poi essere seppellito chissà dove. L'unica parte di lui che rimane è un piede con i tatuaggi degli Irriducibili della Lazio e la scritta – a questo punto inquietante – "Oggi è un buon giorno per morire". Sono quattro anni che la Squadra mobile e la Procura di Roma indagano su questo brutale omicidio, che con tutta probabilità andrà verso l'archiviazione. Nonostante gli sforzi, infatti, non si è riuscito a trovare un colpevole: anche se è chiaro che l'assassinio è maturato negli ambienti dello spaccio di droga.

Omicidio Gabriele di Ponto, del pusher rimane solo un piede

Forse ha pestato i piedi a qualcuno, e fatto un torto a chi era meglio fosse lasciato in pace. Gabriele Di Ponto era entrato nel giro dello spaccio di San Basilio: non era un pezzo grosso, ma nemmeno un pesce piccolo. Gestiva infatti un gruppo di pusher che vendevano la cocaina, una delle sostanze più richieste nel quartiere della periferia a nord-est della capitale. Secondo quanto riportato da Il Messaggero, Di Ponto avrebbe discusso poco tempo prima con l'amico che lo aveva introdotto nell'ambiente perché non avrebbe avuto un comportamento corretto nelle piazze di spaccio. Ma cosa sia accaduto di preciso, non è dato saperlo. Per mesi c'è stato il nome di un uomo iscritto nel registro degli indagati, ma le prove raccolte non erano sufficienti per accusarlo formalmente. Delle persone che lo conoscevano, nessuno parla: motivo per il quale è ancora più difficile per gli inquirenti risolvere questo caso.

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