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Tutti i flop del prefetto Pecoraro

Ignazio Marino se la prende con la gestione dell’ordine pubblico per gli incidenti con i tifosi del Feyenoord che hanno tenuto in scacco il centro di Roma ieri. Ma il prefetto Pecoraro per ora tace, in carica dal 2008 non è la prima volta che finisce nell’occhio del ciclone.
A cura di Valerio Renzi
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Il sindaco Marino punta il dito contro questura e prefettura per i disordini portati in città dagli ultrà del Feyenoord. Se il questore D'Angelo ha rispedito immediatamente le accuse al mittente, dalle parti di Palazzo Valentini tutto tace. Sarà che Giuseppe Pecoraro, in carica dal 2008 il più longevo prefetto della capitale, ne ha viste tante e preferisce far calmare le acque, sarà perché si attende l'incontro tra Marino e Alfano che dovrebbe avvenire oggi pomeriggio, in ogni caso il prefetto di Roma ha per ora deciso per il basso profilo. Tra sindaco e prefetto non scorre buon sangue, dalla trascrizione dei matrimoni gay a mafia capitale, sono state molte le occasioni di scontro tra Marino e Pecoraro.

Non è la prima volta che la gestione di emergenze e ordine pubblico a Roma è nell'occhio del ciclone: dagli incedenti del 15 ottobre del 2011 all'emergenza neve dell'anno successivo, fino alla tragica morte del tifoso napoletano Ciro Esposito a poche centinaia di metri dallo stadio Olimpico. Ogni volta Pecoraro ha superato la tempesta indenne.

Tutti gli errori dell'ordine pubblico con il tifosi del Feyenoord

Sono quattro gli aspetti che più di altri non hanno funzionato nella gestione dell'ordine pubblico ieri a Roma, frutto di decisioni prese all'ultimo minuto martedì mattina al tavolo tecnico presieduto proprio da questore e prefetto. Prima di tutto l'ordinanza per la vendita di alcolici in I, II e XV municipio, tardiva e ampiamente disattesa, poi la scelta (criticata anche dal Feyenoord) dell'ultimo minuto di convogliare tutti i tifosi ospiti a villa Borghese, nel pieno centro della città, per trasportarli poi tutti assieme allo stadio Olimpico. Tra le falle da annoverare anche il mancato lavoro di intelligence e di scambio di informazioni con la polizia olandese, e la mancanza di un piano per canalizzare i tifosi più turbolenti verso lo stadio.

La morte di Ciro Esposito, dov'era il dispositivo di sicurezza?

E' il 3 maggio dello scorso anno quando all'Olimpico si disputa la finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina. Poco lontano dallo stadio un gruppetto di ultrà giallorossi aggredisce un gruppo di supporter partenopei. Tra loro Daniele De Santis, tanti trascorsi tra curva ed estrema destra, che impugna la pistola e spara. Per terra rimane Ciro Esposito, giovane tifoso napoletano che si spegnerà in ospedale il successivo 25 giugno. Tante le domande nei giorni successivi: com'è possibile che un piccolo drappello di tifosi, tutti ben noti alle forze dell'ordine, abbia potuto attaccare i supporter del Napoli? Il dispositivo di sicurezza attorno allo stadio era adeguato? Così risponderà il 5 agosto dalle colonne di un quotidiano il prefetto Pecoraro ad una petizione lanciata dalla mamma di Ciro per chiedere conto di quanto accaduto fuori l'Olimpico: "Non abbiamo nulla da rimproverarci. I servizi predisposti non solo erano adeguati, ma hanno rispettato alla perfezione quanto stabilito nel Comitato per l'ordine e la sicurezza".

La nevicata del 2012

Che Roma non sia una città in grado di affrontare alla perfezione una nevicata come quella che nel 2012 ha paralizzato la Città Eterna è fuor di dubbio, ma da qui al caos e all'impreparazione con cui le istituzioni affrontarono l'emergenza ce ne passa. Polemiche per la mancanza di coordinamento tra le diverse istituzioni, la città sprovvista di mezzi spargi sale e di spazza neve, nonostante la bufera fosse ampiamente stata prevista, scuole chiuse per precauzione con i conseguenti disagi per le famiglie. Ma anche in questo caso il prefetto Pecoraro non aveva nulla da rimproverare alla macchina organizzativa.

Gli scontri del 15 ottobre

E' il 15 ottobre del 2011 quando trecentomila persone scendono in strada a Roma per la giornata di mobilitazione mondiale indetta dagli ‘Indignados' spagnoli. Che il corteo fosse composta da anime diverse era cosa nota, che ampi settori di quel corteo non si sarebbero accontentati di un passeggiata nel centro di Roma. Quello che è accaduto è cosa nota: edifici e macchine date alle fiamme, ore di scontri tra manifestanti e forze dell'ordine da piazza San Giovanni fino all'Esquilino. Un corteo tagliato in due, la polizia impreparata ad arginare gli incidenti, tante le critiche al dispositivo di sicurezza messo in campo e sul lavoro di intelligence.

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