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Tsunami giudiziario sul Campidoglio, tre indagati per concussione: “Pressioni su Ama”

Tre le persone indagate per concussione: il direttore generale Franco Giampaoletti, l’ex ragioniere generale Luigi Botteghi e il responsabile delle Partecipate Giuseppe Labarile. L’ipotesi di accusa è che avrebbero esercitato pressioni indebite sui vertici di Ama per farli rinunciare alla richiesta di 18 milioni nei confronti del Campidoglio.
A cura di Valerio Renzi
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Un nuovo tsunami giudiziario rischia di abbattersi sul Campidoglio. Questa volta nel mirino della Procura finisce il braccio di ferro sul bilancio tra l'amministrazione guidata da Virginia Raggi e Ama, la municipalizzata controllata al 100% da Roma Capitale che si occupa della gestione dei rifiuti della città. Tre le persone indagate per concussione. Secondo l'ipotesi di accusa il direttore generale Franco Giampaoletti, l'ex ragioniere generale Luigi Botteghi e il responsabile delle Partecipate Giuseppe Labarile, avrebbero esercitato pressioni indebite sui vertici di Ama per rivedere il bilancio 2017 dell'azienda rinunciando alla pretesa di quei 18 milioni da parte delle casse comunali per servizi cimiteriali antecedenti al 2018.

L'indagine è partita da un esposto dell'ormai ex ad Lorenzo Bagnacani, già ascoltato dai pm, così come è stata ascoltata l'ex assessora all'Ambiente Pinuccia Montanari (difesa ieri al Teatro Brancaccio da Beppe Grillo che l'ha definita un'eroina), che ha presentato le sue dimissioni irrevocabili dopo la scelta della giunta di bocciare il bilancio di Ama. Una scelta che ha definito "ingiustificata". Da lunedì Ama non ha più un cda, esautorato da Virginia Raggi, ed è retta dal collegio sindacale in attesa delle nuove nomine.

L'inchiesta è coordinata dai pm Luigia Spinelli e Claudia Terracina e portata avanti dalla Guardia di Finanza. Gli inquirenti non dovranno solo stabilire le eventuali pressioni indebite esercitate dal Campidoglio verso i vertici dell'azienda, ma anche la regolarità del bilancio atto del contendere, ovvero se quei debiti vantati da Ama (che è così riuscita a chiudere l'esercizio dell'anno 2017 in attivo) fossero effettivamente legittimi ed esigibili.

Intanto dalle colonne del Messaggero l'ex dirigente in capo al dipartimento Ambiente Rosalba Matassa lancia accusa molte gravi: "Ho ricevuto minacce e pressioni perché scrivessi una relazione con cui sancivo che Roma Capitale non riconosceva il debito di 18 milioni di euro all'Ama. Ne ho ricevute molte, alla fine sono stata costretta dimettermi".

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