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Truffa da 100 milioni di euro allo Stato: a capo ‘Gesù’, vicino a camorra e Casamonica

Hanno truffato lo Stato per 100 milioni di euro in due anni riuscendo, tramite false fatture, a risparmiare sul pagamento dell’Iva. Un’organizzazione criminale che acquistava prodotti petroliferi tramite società cartiere e le cosiddette ‘frodi a carosello’ è stata sgominata dalla Guardia di Finanza. A capo, soggetti vicini a camorra e Casamonica.
A cura di Natascia Grbic
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Ambienti vicini alla camorra e alla criminalità romana uniti per truffare l'Iva. Attraverso un sistema ben collaudato di ‘frodi carosello', un'organizzazione composta da tredici persone è riuscita in due anni a sottrarre cento milioni di euro, riciclandoli poi in Italia e all'estero per non essere individuati dalla Guardia di Finanza. Un sistema ben collaudato, che in pochissimo tempo ha ingrossato le tasche del gruppo criminale, vicino agli ambienti di camorra e ai Casamonica. A capo di tutto c'era Vincenzo Lamusta, 45 anni: era lui la mente pensante del gruppo, quello che organizzava le frodi nel minimo dettaglio e che impartiva ordini ai sottoposti. Si faceva chiamare ‘Gesù' o ‘Semidio‘. Immediatamente sotto c'erano Nicandro Di Guglielmi, alias Romeo, residente a Roma Est nella storica roccaforte del clan Casamonica, e Stanislao De Biase, detto Stefano, fratello di un appartenente al clan camorristico Polverino attivo nei comuni a nord di Napoli. Erano loro due i veri promotori dell'associazione, entrambi amministratori di fatto e soci occulti della società. Romeo e Stefano si occupavano di ripulire il denaro sporco ‘guadagnato' con la frode all'Iva riciclandolo tramite società non riconducibili direttamente a loro. Poi, spartivano i proventi in parti uguali.

Le indagini sono partite a gennaio 2019 dalla Guardia di Finanza di Pavia. Gli agenti si sono insospettiti quando hanno visto numerose autocisterne – la maggior parte con targa slovena o croata – dirigersi verso sempre lo stesso deposito situato nel comune di Vigevano. In un anno è stato scoperto che l'organizzazione acquistava prodotti petroliferi tramite delle ‘società cartiere' create appositamente per la frode, da operatori con sede in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Romania e Slovenia. Poi, tramite un giro di false fatture quantificato in oltre 400 milioni di euro, rivendevano il prodotto in tutta Italia, o tramite distributori stradali gestiti da loro in Piemonte, Veneto e Lombardia. Data la truffa fatta in precedenza e il mancato pagamento dell'Iva, vendevano il prodotto a prezzi molto più bassi di quelli di mercato. Questo ovviamente ha danneggiato i distributori delle zone limitrofe, i cui prezzi erano comprensibilmente più alti rispetto ai loro.

Orologi da 100mila euro, Porsche, Ferrari, Lamborghini, vacanze a bordo di yacht da 15mila euro al giorno. E a chi gli faceva notare che 15mila euro al giorno erano troppi, rispondevano: "Tanto c'è zia Iva!". Così venivano riciclati i milioni di euro intascati grazie alle frodi. La maggior parte dei quali sono stati oggetto di sequestro da parte della Guardia di Finanza.

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