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Tortura al G8, Sabella si scusa per aver difeso gli agenti in azione a Bolzaneto

Da più parti in questi giorni il magistrato prestato alla politica Alfonso Sabella, chiamato all’indomani di mafia capitale a ricoprire l’incarico di assessore alla Legalità, è stato tirato in ballo per il suo ruolo durante i giorni del G8 genovese del 2001, alla luce della sentenza di Strasburgo che ha condannato l’Italia per tortura.
A cura di Valerio Renzi
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Da più parti in questi giorni il magistrato prestato alla politica Alfonso Sabella, chiamato da Ignazio Marino all'indomani di mafia capitale a ricoprire l'incarico di assessore alla Legalità, è stato tirato in ballo per il suo ruolo durante i giorni del G8 genovese del 2001 e alla luce della sentenza di Strasburgo che ha riconosciuto l'Italia responsabile di tortura contro i manifestanti inermi nella scuola Diaz. All'epoca dei fatti Sabella era a capo del servizio ispettivo del Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria), e proprio mentre emergevano le violenze all'interno della Diaz e della caserma di Bolzaneto Sabella dichiarava: "A Genova l'operato degli agenti penitenziari è stato esemplare".

Ora a distanza di 14 anni Sabella si difende con una lunga intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica. "A Genova sono successe cose molto strane – ha dichiarato l'assessore -Io ho avuto il torto di rivelare ai pm il piano, secondo me folle, degli arresti preventivi. E i servizi me l'hanno fatta pagare cancellando i tabulati del mio cellulare". Si considera la vittima di un complotto Sabella, oggetto di "un'ordinanza infamante che ha archiviato la mia posizione, nonostante io sia l'unico del G8 che non solo ha rinunciato alla prescrizione ma si è anche opposto alla richiesta di archiviazione. Ecco perché adesso spero che qualcuno mi denunci: fra gli indagati di allora io sono il solo ancora processabile. Così potrò finalmente cancellare questa macchia che ha devastato la mia vita e bloccato la mia carriera di magistrato".

Ci va giù pesante Sabella parlando di una "regia politica" che "cercava il morto" e di un piano "che faceva acqua da tutte le parti". E quando viene interrogato sulle violenze nella caserma di Bolzaneto dove operava la polizia penitenziaria si difende così: "Non ero lì quando i pestaggi si verificarono, ma a Forte San Giuliano, dove non è successo niente. Lo dimostrano i tabulati dei 4 telefoni cellulari che usavo quel giorno. Chiesi ai magistrati di Genova di controllare i miei spostamenti, perché ogni sospetto fosse dissipato. Ma quando dopo 9 mesi furono finalmente acquisiti, il traffico relativo alla ‘cella' territoriale che io occupavo durante le violenze era sparito". E chi sarebbe stato a cancellare i dati dei tabulati? Sabella non ha peli sulla lingua "penso ai servizi".

E rispetto a quelle dichiarazioni a caldo in cui difendeva l'operato dei Gom (i reparti speciali addestrati a sedare rivolte nelle carceri), Sabella se le rimangia difendendo la sua buona fede di 14 anni fa "pensavo fossero stati corretti. Quando ho scoperto cosa avevano fatto, mi sono sentito uno schifo".

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