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Torre Maura, Stasolla (21 luglio): “Piano Rom del Comune ha fallito creando nuovi ghetti etnici”

Le proteste di ieri a Torre Maura, potevano essere previste? Il “Piano Rom” messo in atto dal Campidoglio non sembra dare i risultati sperati dalla sindaca Virginia Raggi, che ha dovuto fare dietrofront e accettare di non far traslocare le famiglie nell’Ex Clinica di via Codirossoni. Dandola vinta a residenti ed estrema destra.
A cura di Natascia Grbic
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Tutti sanno cos'è successo ieri a Torre Maura, nel cuore della periferia di Roma. Dopo la notizia del trasferimento di famiglie rom nell'Ex Clinica di via Codirossoni, un nutrito gruppo di residenti si è recato davanti lo stabile per protestare contro il loro arrivo. Poco dopo, è arrivata anche CasaPound in forze: e così l'estrema destra non ha perso l'occasione di mischiarsi ai residenti del quartiere e guidarli nella contestazione. Cori da stadio, insulti, minacce, cassonetti bruciati. Un camion con dei panini destinati alle famiglie rom è stato assaltato, il cibo preso, gettato a terra e calpestato. Abbiamo parlato con Carlo Stasolla, il presidente dell'Associazione 21 Luglio, che ci ha spiegato perché quanto successo a Torre Maura era prevedibile e perché il Piano Rom voluto dal Campidoglio sta fallendo. Perché forse, creare ghetti etnici nella città di Roma invece di mettere in campo delle serie pratiche di inclusione, è una scelta che si sta rivelando disastrosa su tutta la linea.

Da cosa è nata la protesta a Torre Maura, perché una situazione del genere era assolutamente prevedibile?

Era prevedibile perché già tre o quattro anni fa successe la stessa cosa. Durante il ballottaggio della campagna elettorale, Alemanno decise all'ultimo momento di spostare i rom dalla Salaria (dove c'era un altro centro di raccolta) e successe che si anticipò tutto con una protesta sul posto. Non può passare inosservato il fatto che si portino settanta persone in un centro dove stanno solamente rom. La colpa è anzitutto della politica, che ha generato una situazione dove probabilmente non potevano accadere cose diverse. Il Comune di Roma avrebbe fallito con qualsiasi decisione avesse preso in seguito alle proteste. Se avesse deciso di lasciare le persone nell'Ex Clinica di Torre Maura – cosa che non ha fatto – avrebbe fallito perché si sarebbe aperto l'ennesimo "centro di raccolta rom". E ha fallito perché ha deciso di spostarle, perché ha ceduto alla pressione imposta da chi non voleva la struttura. Il Campidoglio ha preso una scelta sbagliata all'origine: e questo non può che generare fallimenti successivi. Adesso c'è il rischio che il Comune, trovandosi in difficoltà, offra delle cose improponibili ai rom e che quindi questi finiscano per strada.

Ancora non si sa dove saranno spostati i rom una volta lasciata l'Ex Clinica?

No. Il Comune deve prima lasciare via Toraldo, cercare altre strutture, e pagare ugualmente quella di Torre Maura. Probabilmente dovranno fare i giochi delle tre carte perché la situazione è molto complessa. In più sono fortemente attenzionati dai media, e quindi le circostanze non sono delle più facili. Ma è un quadro che hanno creato loro.

Perché il "Piano Rom" ha fallito?

Il "Piano Rom" non funziona perché innanzitutto è un piano senza fondi, e un piano sociale che non ha soldi è una scatola vuota. Ci sono solo i fondi europei trovati da Marino nel 2014 con i quali si sta lentamente cercando di superare campi come quelli della Barbuta e della Monachina . È un piano che non dà nessuna risposta e non cita chi sta negli insediamenti informali, tant'è che queste persone sono vittime di sgomberi. È un piano fatto di proclami e basta. È un piano dove addirittura si sta andando in controtendenza nazionale, perché nel resto d'Italia i campi non si fanno più, i centri raccolta non si fanno più e ci si sta avviando verso una lentissima – ma graduale – chiusura di tutti questi luoghi. Quindi Torre Maura, unito al fallimento del Camping River con lo sgombero forzato, è la prova provata che si tratta di un piano totalmente fallimentare.

Quali potrebbero essere le alternative praticabili?

Ce lo stanno insegnando alcune città che nel 2018 hanno iniziato il superamento dei campi rom e che abbiamo invitato l'8 maggio in un evento organizzato in Senato, dove presenteremo il nostro rapporto annuale. Città come Moncalieri, Sesto Fiorentino e Palermo stanno riconvertendo i soldi spesi per discriminare, escludere e concentrare le persone, in soldi per l'inclusione. E laddove c'è la parola inclusione si spende meno e si producono risultati e benefici per tutti . Laddove questo non accade, si verificano scene come quelle di Torre Maura, in cui la politica ha un enorme responsabilità.

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