Svolta nel giallo di Arce, due donne coinvolte nella morte di Serena, il padre: “Finalmente la verità”
Importanti novità nel giallo di Serena Mollicone, la diciottenne trovata morta in un bosco del Frusinate il 1 giugno del 2001. La notizia delle ultime ore riguarda il viaggio degli inquirenti in Polonia per recuperare le impronte e il DNA di due donne che al vivevano nel Lazio al tempo della morte della studentessa. "Si tratta di due ex prostitute che all'epoca dei fatti vivevano in Italia illegalmente e si appartavano con i clienti proprio nel boschetto di Fontana Cupa dove mia figlia è stata trovata morta – dice a Fanpage.it, Guglielmo Mollicone, il padre di Serena – i sospetti degli inquirenti (dopo gli esiti degli ultimi esami del Ris di Roma sul materiale probatorio) – spiega ancora Mollicone – riguardano il loro coinvolgimento nella fase di occultamento del corpo". Le due donne, secondo la ricostruzione della Procura, sarebbero state chiamate a occuparsi del corpo di Serena (poi trovato con mani e piedi legati e la testa chiusa in un sacchetto di plastica dell'Eurospin) dai responsabili della morte della ragazza.
L'ipotesi della Procura
Il caso, archiviato del 2015, è stato recentemente riaperto a seguito di nuove scoperte investigative nell'ambito della cosiddetta pista della caserma di Arce, che ha portato il numero degli indagati a cinque. Tra questi ci sono l'ex comandante dei carabinieri Franco Mottola (oggi in pensione a Teano), la moglie Anna, il figlio Marco (titolare di un negozio di giovattoli ad Arce) e due carabinieri indagati per favoreggiamento: Vincenzo Quatraro e Francesco Suprano. Secondo quanto ricostruito, Serena sarebbe giunta in caserma alle 11 del mattino del giorno della scomparsa per denunciare al comandante Franco Mottola il presunto spaccio di droga in cui sarebbe stato coinvolto il figlio Marco.
I misteri del caso
Dalla caserma, secondo quanto ipotizzato, Serena sarebbe uscita priva di sensi dopo aver ricevuto un fortissimo colpo in volto e, sempre secondo quanto ipotizzato, sarebbe stata trasferita in cella dove poi sarebbe stata uccisa mediante soffocamento. Solo a scopo di depistaggio il corpo sarebbe stato trasportato nel boschetto di Fontana Cupa, e abbandonato, probabilmente grazie all'intervento delle due donne. Sospetta, in questo scenario, appare tutt'oggi la morte del brigadiere Antonio Tuzi, deceduto per un colpo di pistola esploso mentre era seduto nella sua auto a poche ore da un interrogatorio decisivo sui fatti di Arce. "Forse questa è l'occasione di avere finalmente una risposta a tutto – dice Guglielmo Mollicone – ho fiducia nella Procura e nell'Arma, hanno dimostrato di non avere paura di indagare in casa propria".