Stupro di gruppo a Roma: 14enne adescata su Facebook e violentata in un casolare abbandonato
Rischiano un secondo processo Mario Seferovic e Bilomante Maikon Halilovic, con l'accusa di violenza sessuale di gruppo su una quattordicenne adescata su Facebook. Sui due ragazzi rom grava già una condanna in appello per aver stuprato due adolescenti in un'area verde della Collatina, legando loro i polsi e violentandole su un materasso sporco sistemato dietro a un pozzo nascosto tra gli alberi. In quel frangente la mamma di Mario ai microfoni di Fanpage.it aveva detto: "Mio figlio è innocente, quella ragazza dice bugie". Come riporta Il Corriere della Sera, la nuova presunta violenza sarebbe accaduta nel giugno del 2017, un mese prima dell'episodio per il quale i due giovani sono stati arrestati e finiti davanti ai giudici. La Procura di Tivoli ha chiuso le indagini nei confronti dei due ragazzi, che rischiano di finire nuovamente a processo, ritenendo coinvolta nell'accaduto una terza persona, Ibrajme Halilovic.
Adescano una quattordicenne su Facebook e la violentano
I fatti risalgono a tre anni fa, quando Mario Seferovic, ventiquattro anni, che sui social network utilizzava il nome di fantasia di ‘Alessio il Sinto', ha adescato la quattordicenne in chat, utilizzando un profilo falso su Facebook. Dopo essersi scritti per diverse settimane, i due hanno deciso d'incontrarsi e fissato un appuntamento a Setteville, frazione di Guidonia, al quale la giovane si è recata, fidandosi e non conoscendo la vera identità della persona che aveva davanti. Ma con lui c'era il suo coetaneo, Bilomante Maikon Halilovic e un suo parente ventiduenne, Ibrajme Halilovic. Secondo quanto ricostruito in sede d'indagine, la giovane sarebbe stata costretta a seguirli all'interno di un casolare abbandonato tra via Casal Binaco e via dei Muratori, dove i tre ragazzi, insieme ad altri due sopraggiunti, l'avrebbero stuprata in gruppo, riprendendo la violenza con uno smartphone. Poi, prima di lasciarla andare, Seferovic l'avrebbe minacciata dicendole che sapeva dove abitava, e che, se avesse raccontato l'accaduto, avrebbe fatto del male alla sua famiglia. Così la ragazza si è chiusa per anni in silenzio, poi ha preso coraggio e ha denunciato.