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San Basilio, pusher della ‘ndrangheta aveva il terrore di prendere un giorno di riposo al mare

Dopo aver lavorato sette giorni su sette per due settimane, uno dei pusher arrestati ieri decide di prendersi un giorno di ferie per andare con la fidanzata al mare. Quando torna viene minacciato: “Dopo 14 giorni… la mia ragazza mi ha detto ‘senti aho, ma un giorno me lo puoi dedicà, un giorno’, arrivo qua e lo sai qual’è stata la risposta? Ar mare ci andiamo prima noi”.
A cura di Valerio Renzi
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Lavora sette giorni su sette nella piazza di spaccio di San Basilio gestita da due giovani rampolli di una cosca di ‘ndrangheta. Ma dopo due settimane la sua ragazza gli chiede di passare un po' di tempo insieme, di andare al mare. Così lui molla tutto e senza dire niente lascia la sua postazione di pusher e se ne va in spiaggia. Quando torna il capo, parliamo di un ragazzo del 1993 ma con quel cognome così pesante, quasi dieci anni meno di lui, lo minaccia dicendogli che se vuole andare al mare lo può fare solo se ci sta il cambio e prima comunque ci va lui, il fratello e gli altri due capi. Alfredo Marando minaccia e gli fa paura. "E sti cazzi… quando c'è il cambio ce vai… prima ce vado io… o lui  – dice il giovane responsabile della piazza indicando il fratello – Poi andate voi, se c'è il cambio ok?".

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Il giorno dopo il pusher parla dell'episodio con un'amica: "Guarda lo sai che cosa mi maledico? Che non lo sapevo… che non sapevo che li avevo accannati tutti… perché hai visto che non c'era nessuno ieri… io mi maledico solo quello… ti dico la sincera verità… infatti se succedeva qualcosa di brutto mi sentivo in colpa… infatti chiesto scusa… però, te dico la verità… dopo 14 giorni… la mia ragazza mi ha detto ‘senti aho, ma un giorno me lo puoi dedicà, un giorno', arrivo qua e lo sai qual'è stata la risposta? Ar mare ci andiamo prima noi". Teme ritorsioni.

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Queste sono le piazze di spaccio a Roma, gente che lavora sette giorni su sette e ha paura se si prende un giorno di pausa perché il business funziona se la cocaina è sempre disponibile. Che sa che verrà arrestato e che qualcuno, disoccupato anche lui, è pronto a prendere il suo posto magari guadagnando anche qualcosa meno, magari con uno stipendio da stage o da apprendistato dello spaccio.Questa è la prima emergenza di Roma. E non si risolve continuando ad arrestare centinaia di giovani con la rete a strascico. Perché altri prenderanno il loro posto, come scritto nero su bianco proprio nell'ultima inchiesta che ha portato ieri all'arresto di 21 persone. Servono invece risposte sociali e serve spezzare il monopolio delle mafie sul traffico di droga.

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