Roma, smantellata banda criminale con sede a Montespaccato: sequestrato arsenale e 243 kg di droga
Sono state arrestate oggi dai militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza di Roma 18 persone tra il Lazio e la Calabria, accusate di appartenere a un'associazione criminale dedita al traffico di sostanze stupefacenti. L'operazione, chiamata ‘Re Mida‘, è partita oggi alle prime luci dell'alba. La base della banda era proprio a Roma, nel quartiere di Montespaccato. Sette persone sono state arrestate in flagranza di reato, mentre le altre stanno ricevendo ora l'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Oltre agli arresti, le Fiamme Gialle hanno sequestrato un ingente quantitativo di droga pronto per essere messo sulle piazze di spaccio. Si tratta di oltre 100 chili di cocaina e 143 chili di hashish: una quantità enorme, che lascia intendere quanto fosse forte e capillare il peso dell'organizzazione criminale nell'ambiente dello spaccio. I militari hanno trovato anche un laboratorio clandestino e un vero e proprio arsenale composto da venti armi da fuoco, sei chili di esplosivo e cinque detonatori. Tra gli arrestati, anche un noto ultrà del mondo del tifo laziale.
Roma, arrestata associazione criminale per reati fallimentari
E ieri, sempre a Roma, è stata smantellata un'altra associazione criminale, questa volta dedita alla commissione di reati fallimentari, riciclaggio e autoriciclaggio. Nove persone sono state arrestate e accusate di aver messo in piedi un vero e proprio sistema di frode, che li portava a far fallire le aziende per poi intascare le liquidità ricollocandole in altre società, a nome degli arrestati. E in questo modo riuscivano anche a ripulire il denaro sporco facendolo rientrare nel circuito dell'economia legale. Le indagini sono partite dal fallimento della Gedin S.p.a., un'azienda operativa nel settore dei call center e fallita per un debito di oltre 43 milioni di euro. A farla fallire sarebbero stati gli arrestati, che poi avrebbero reso inefficaci le procedure di riscossione coattiva cedendo il capitale a Naletilic Mate, figlio di Mladen Mate, comandante di un gruppo paramilitare operativo nell'ex Jugoslavia e condannato per crimini di guerra.